Facebook è una compagnia ottimista e idealista. Per gran parte della nostra esistenza, ci siamo concentrati sul bene che si può portare connettendo le persone. Ma ora è chiaro che non abbiamo fatto abbastanza per impedire che questi strumenti venissero usati anche per fare danni”. Non si discosta molto da quanto affermato fino a oggi il discorso di Mark Zuckerberg, in audizione fiume davanti alla Commissione Commercio del Senato degli Stati Uniti, dalla quale si è congedato dopo più di 5 ore. Il Ceo e fondatore del social più famoso del mondo, travolto dallo scandalo Datagate portato dall'utilizzo illecito per scopi elettorali dei dati degli utenti da parte della società britannica Cambridge Analytica, ha spiegato che “ciò vale per fake news, per le interferenze straniere nelle elezioni e i discorsi di incitamento all'odio, così come per la privacy. Non avevamo una visione abbastanza ampia della nostra responsabilità, e questo è stato un grosso errore. E' stato un mio errore, e mi dispiace. Ho creato Facebook, lo gestisco e sono responsabile di ciò che accade qui”.
Il Ceo: “Stiamo attraversando un cambiamento”
Come previsto, i senatori incalzano sulla tempistica intercorsa fra quella che è stata indicata come il momento di presa di coscienza del problema (2015) e quello dell'intervento concreto. E' in particolare John Tune, del South Dakota, a rimarcare su questo aspetto, con Zuckerberg che replica senza entrare a fondo nel merito: “Non dobbiamo solo costruire strumenti, ma anche assicurarci che vengano usati bene. Sappiamo che Cambridge Analytica potrebbe aver raggiunto 87 milioni di persone. Ci vorrà del tempo, ma andremo fino in fondo e ci assicureremo che non accada più”. Decisamente più ficcante l'affondo di Thune: “Quattordici anni passati chiedendo scusa, chi ci assicura che oggi andrà diversamente?”. Il Ceo ribatte sul piano aziendale: “Nel complesso, direi che stiamo attraversando un cambiamento filosofico più ampio all’interno dell’azienda: è necessario assumere un ruolo proattivo”. Poi spiega: “La pubblicità non avrà mai la priorità, almeno finché ci sarò io al comando”.
“Non facile non commettere errori”
Particolare anche l'attenzione sulle quantità di dati utilizzati e su come (e soprattutto in quale misura) il social prende informazioni sul conto degli utenti: nei giorni scorsi, uno scandalo nello scandalo parlava di un Zuckerberg che avrebbe ammesso, in un'intervista a 'Vox' ripresa dal Daily Mail, che Facebook avrebbe posto sotto controllo i contenuti dei messaggi nelle chat Messenger. A questo proposito, il fondatore spiega che vengono presi solo i dati necessari per far funzionare la piattaforma e che questi non vengono venduti. Il senatore Nelson chiede poi al Ceo come mai “nel 2015, quando avete capito che Cambridge Analytica era entrata in possesso di quelle informazioni, non avete avvertito gli 87 milioni di utenti?”. Emblematica la risposta: “Abbiamo chiesto di cancellare quei dati a Cambridge Analytica e ci siamo fidati della risposta. E’ stato chiaramente un errore. Non è facile non commettere errori quando si costruisce un’azienda del genere in un garage nel 2004 e si arriva a due miliardi di utenti”.
La rivelazione
Ma non solo. Nell'ambito dello scandalo Cambridge Analytica c'è stata più di un'occasione per qualche collegamento con il Russiagate per appurare se, nell'ambito dell'appropriazione dei dati, qualcuno possa essere finito in mani russe. Per Zuckerberg non è possibile saperlo. Sa, invece, che durante le presidenziali del 2016 C.A. non ha lavorato “soltanto per Trump” ma “abbiamo supportato la campagna di Trump come gli altri candidati”. Restando sul campo della privacy, altro argomento caldo, il Ceo promette: “Non possiamo comunicare tutti i dettagli altrimenti nessuno leggerebbe le condizioni di contratto ma faremo in modo che il testo sia più breve e più chiaro”. Sul lato Cambridge Analytica, però, la questione resta importante. E non tanto nel caso specifico, quanto nel quadro più ampio della diffusione dei dati i quali, dice Zuckerberg, dopo essere stati acquisiti da Aleksandr Kogan tramite 'This is your digital life', potrebbero essere stati venduti anche ad altri. Zuckerberg si dice pronto a indagare su quali potrebbero essere le aziende beneficiarie di tale raccolta dati, ritardando colpevolemente però un'informazione pur così importante. Una rivelazione che alimenta la strisciante sensazione che il periodo di buio, nonostante la risalita a Wall Street, possa essere rinforzato da nuove ombre.