La precarietà politica in cui riversa lo Yemen è giorno dopo giorno più evidente e rende il Paese un terreno fertile per i terroristi e per lo scoppio di una vera e propria guerra civile. Sulle orme degli Stati Uniti, anche Gran Bretagna e Francia hanno deciso di chiudere le proprie ambasciate a Sana’a. Un appello simile ai connazionali è stato fatto dalla Farnesina, dagli Emirati Arabi Uniti e dall’India che considerano alto il rischio di sequestro di cittadini stranieri.
Hussein el-Ezzi, il leader dei miliaziani sciiti houti, ha commentato la decisione dei politici occidentali definendola come “ingiustificata” specificando che questo comportamento peggiorerà la situazione in quanto “mira a fare pressione” sui cittadini yemeniti. Ezzi ha quindi detto che i Paesi che hanno chiuso le loro missioni diplomatiche “capiranno velocemente che è nei loro interessi agire di concreto con la volontà del popolo, che loro devono rispettare”.
Il team dell’ambasciata Usa prima di ritornare in patria, avrebbe distrutto documenti e armi, oltre ad abbandonare veicoli nei pressi dell’aeroporto poco prima di lasciare il Paese. Gli houti, che al momento hanno il controllo sull’agenzia di stampa di Saba e hanno preso il possesso di tre auto della missione diplomatica e oltre 25 mezzi usati dai marines.
Al momento l’unica certezza è lo sgretolamento dello Stato sempre più diviso con migliaia di sunniti che scendono in piazza contro il nuovo regime Houthi mentre leader e tribù sunnite nelle regioni del Sud si stanno organizzando contro di loro, unendosi, in alcuni casi, con i militanti di Al Qaeda.