Web e social media. Le nuove frontiere del terrorismo

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Il terrorismo si muove sulla rete. Oggi più che mai i nuovi mezzi di comunicazione permettono agli apostoli della Guerra Santa di lanciare messaggi di odio all’Occidente. Sono lì a dimostrarlo le clip raccapriccianti sulle esecuzioni di James Foley e Steven Sotloff cui il mondo ha dovuto assistere sgomento. E’ terribile pensare che con la stessa facilità con la quale è possibile scattare una foto e condividerla su internet si possa, cinicamente, documentare la fine di una vita.

A pensarci sembra passato un secolo dai video di Osama Bin Laden successivi agli attentati delle Torri Gemelle. Allora il web non era ancora divenuto in tutto e per tutto parte della nostra vita quotidiana e i leader terroristi, forse per la prima volta, si affacciavano sulle emittenti televisive. Già la primavera araba (oggi la si potrebbe piuttosto definire un autunno) aveva messo la multimedialità al centro della sua storia. Stessa cosa fanno i militanti dell’Isis, le cui registrazioni ottengono (e questo è il dato più preoccupante) un seguito di massa.

Basti pensare che sulla decapitazione dei due reporter americani in Siria, secondo un’indagine del Socialpolitico.it, sono stati pubblicati 175.000 video. Non solo, la stessa ricerca rileva che, grazie al coinvolgimento di esperti informatici, il fronte della Jihad ha lanciato l’app, “The Dawn”, in grado di coinvolgere e tenere aggiornati un elevato numero di utenti. E nonostante le proprietà dei principali social media stiano cercando di metterci una pezza il fenomeno non conosce freni. E la rete mostra nuovamente il suo lato oscuro.