I sussulti della società civile russa, per il Cremlino, sono necessariamente da ascoltare. La storia del Paese eurasiatico è costellata di episodi nei quali, nonostante la mancanza di democrazia perdurata per secoli, il popolo si sia opposto alle decisioni prese dall’alto, manifestando in maniera piuttosto vigorosa il proprio dissenso, risultando talvolta vincitore nel faccia a faccia con la repressione per lo più zarista e/o socialista. Senza scomodare sanguinosi avvenimenti dei tempi passati imparagonabili con l’attuale stato di fatto per tempi e condizioni, la storia sembra ripetersi lungo le stesse direttive. Soprattutto nelle regioni più lontane al potere centrale di Mosca, i cittadini reclamano non solo una maggiore attenzione da parte del Cremlino, ma anche la salvaguardia di diritti e spazi pubblici, in uno schema resosi alquanto popolare nel periodo post-comunista: gli interessi convergenti di oligarchi, costruttori e potere ufficiale hanno reso la Russia un enorme terreno a disposizioni delle fantasie urbanistiche più bizzarre. Se, poi, in questo gioco di interessi interviene anche la Chiesa ortodossa, il quadro si arricchisce ulteriormente di un elemento fondante lo spirito russo contemporaneo.
Il caso di Ekaterinburg
Le veementi proteste della popolazione contro la decisione di costruire una nuova cattedrale ortodossa intitolata a S. Caterina nell’area del parco centrale di Ekaterinburg hanno occupato per settimane le pagine dei quotidiani russi ed internazionali, pronti a raccontare l’ennesimo abuso di potere da parte di poliziotti, autorità religiose e governatori locali. Poche settimane fa, invece, l’annuncio che ha colto di sorpresa molti: il progetto è stato cancellato, così come annunciato dal governatore Evgenij Kujvašev, mossa anticipata dalle dichiarazioni di Vladimir Putin, il quale ha esortato a condurre un sondaggio per misurare l’effettiva avversione della popolazione locale all’idea di vedere un parco pubblico sostituito da un sito religioso. Il 74% circa degli intervistati si è detto contrario alla costruzione della cattedrale nel parco, precisando che i motivi della decisione non sono assolutamente di tipo confessionale, bensì riguardano la tutela degli spazi verdi pubblici, in notevole diminuzione nelle città russe rispetto al passato sovietico per via della crescita dei grandi centri e dell’urbanizzazione selvaggia condotta nell’andare incontro all’avanzare del capitalismo e dei grandi interessi.
La “restaurazione”
Le proteste della popolazione (sedate non senza l’uso della forza da parte della polizia, la quale ha trattenuto non meno di 100 persone, condannate fino a 15 giorni di reclusione) hanno rappresentato il primo ostacolo del progetto delle “200 chiese” proclamato dal Patriarca Kirill, capo spirituale fortemente legato al Cremlino, in un dualismo di potere dove i vertici politici e religiosi sembrano unirsi per perseguire la mission russa del XXI secolo: ritornare potenza globale, raccogliere l’eredità dell’Urss espungendone le costrizioni ideologiche, aumentando prestigio internazionale e benessere dell’economia interna. In questo senso, il ritorno sulle scene della chiesa ortodossa dopo i decenni di repressione comunista sembra trovare pieno appoggio del potere politico, il quale non demolisce i luoghi di culto a colpi di esplosivo come accaduto ai tempi di Stalin, bensì ne costruisce di nuovi, anche a ritmi sostenuti. La Chiesa ortodossa può avvalersi sempre più spesso di contributi provenienti da fondi privati per portare avanti le opere necessarie al completamento di questa operazione di “restaurazione”: nel caso di Ekaterinburg (città dall’alto valore simbolico, sede dell’uccisione della santificata famiglia reale da parte delle truppe bolsceviche nel 1918) i principali sponsor della costruzione della cattedrale sono il proprietario della agenzia mediatica Rmk, Igor Altuškin, nonché il proprietario della compagnia metallurgica degli Urali (Ugmk), Andrej Kozicyn. Il progetto doveva essere completato entro il 2023, in occasione del 300esimo anniversario della fondazione della città, il più importante centro siberiano, capoluogo del distretto di Sverdlovsk, la quarta città russa dopo Mosca, Pietroburgo e Kazan’ in ordine di popolazione. Secondo quanto pubblicato da Forbes Russia, il magnate Altuškin si sarebbe detto né offeso, né arrabbiato, ma “deluso” dall’atteggiamento verso il progetto adottato dai cittadini, nonché ancora non pronto a fare marcia indietro nel caso arrivasse un nuovo via libera per la costruzione: “non so se questa città merita questa cattedrale oppure no”, ha riferito uno dei principali sponsorizzatori del progetto. Il responso della popolazione sembra aver momentaneamente avuto il sopravvento sugli interessi locali, mentre il Cremlino assiste a prese di posizione sempre più decise da parte delle regioni orientali del Paese, recalcitranti nei confronti di un potere che ha destinato fin troppe risorse ai grandi centri e fin troppo poche nei confronti delle province, vittime della crisi economica post-2014. La priorità assoluta concessa da Putin alle regioni dell’estremo Oriente russo nella futura strategia geopolitica sempre più di marca eurasiatica deve essere necessariamente letta in questo senso, alimentata da una nuova consapevolezza: con o senza la benedizione del Patriarca, la società civile russa sta alzando pian piano la testa.