Da oggi nello Stato australiano di Victoria (con capitale Melbourne) i malati terminali adulti potranno chiedere al proprio medico la prescrizione di farmaci letali per porre fine alla propria vita. Lo prevede la legge sulla morte assistita recentemente approvata.
La legge
La normativa stabilisce che i malati possano chiedere al medico di essere aiutati a morire se soffrono di dolore intollerabile e con meno di sei mesi da vivere, o 12 mesi se soffrono di malattie neurovegetative, e se sono soddisfatte 68 condizioni di salvaguardia.
Condizioni
La morte assistita sarà disponibile solo agli adulti di almeno 18 anni, cittadini australiani o residenti permanenti, con capacità di intendere e di volere, che soffrano di una malattia o condizione medica incurabile, avanzata e progressiva. E’ necessario che la persona abbia vissuto in Victoria almeno 12 mesi. I farmaci devono essere auto-somministrati. E’ inoltre prescritto che il paziente abbia fatto richiesta di morte assistita al proprio medico in tre occasioni separate, una delle quali per iscritto. E due medici devono stabilire che siano presenti i requisiti legali dello schema. L’intera procedura non può richiedere meno di 10 giorni, a meno non si preveda che la persona muoia prima. In preparazione delle nuove norme, circa 100 medici, tra generici, specialisti in oncologia e in cure palliative, hanno avviato corsi obbligatori di formazione per facilitare l'applicazione della legge. Una task force è già impegnata nella preparazione dei servizi sanitari, ospedalieri e medici per implementare le procedure.
La Chiesa protesta
Immediata la reazione della chiesa cattolica. Quattro arcivescovi hanno firmato una lettera in cui riaffermano l'opposizione alle norme, che descrivono come “un capitolo profondamente preoccupante” nell'assistenza sanitaria nello Stato. L'arcivescovo di Melbourne, Peter Comensoli, e i vescovi di tre diocesi, Paul Bird, Patrick O'Regan e Leslie Tomlison, dichiarano di non poter cooperare con norme di facilitazione del suicidio “anche se sembrano motivata da empatia o buoni sentimenti”. “Queste parole possono suonare dure, ma come pastori di diocesi cattoliche sentiamo la responsabilità di dire no alla morte volontaria assistita, e di dare invece ogni incoraggiamento a un modello di vita che la rende non necessaria”, aggiungono i vescovi. I pazienti negli ospedali cattolici non potranno accedere allo schema reso legale da oggi, ma dovranno richiedere altrove tale assistenza, sottolineano