Un Psoe dilaniato dalle divisioni interne dà il via libera a Mariano Rajoy, che entro domenica prossima sarà nominato primo ministro dopo una crisi di governo durata 10 mesi che ha rischiato di mettere in ginocchio la politica spagnola.
Il consiglio federale dei socialisti ha preso con 139 voti a favore e 96 contrari la sofferta decisione di dare l’ok al premier uscente e di ordinare agli 85 deputati socialisti, su 135, di astenersi al secondo voto sulla fiducia a Rajoy. Con questa mossa il partito socialista, in piena crisi, calato dal 48% degli anni ’80 al 22% toccato dopo due anni sotto la guida di Pedro Sanchez, il segretario defenestrato il primo ottobre scorso, evita che il Paese torni a votare per la terza volta in un anno a Natale.
Nuove elezioni, secondo i sondaggi, sarebbero state un disastro per il Psoe, con la probabile perdita di un quarto dei suoi attuali deputati, un umiliante sorpasso di Podemos e una schiacciante vittoria del Pp. I tempi per evitare le urne però sono strettissimi. Se la Spagna non avrà un premier eletto entro il 31 ottobre scatterà la convocazione di nuove elezioni.
Re Felipe avvia oggi le consultazioni con i leader politici. Martedì a mezzogiorno il leader provvisorio del Psoe, Javier Fernandez, comunicherà la decisione del consiglio federale al monarca, che designerà Rajoy. Il Congresso poi si riunirà per l’investitura mercoledì o giovedì, e fra sabato e domenica Rajoy sarà eletto al secondo turno (al primo ci vuole una maggioranza assoluta, che non ha) con 170 voti su 350, grazie all’astensione Psoe. Non è escluso che alcuni socialisti, in particolare i catalani, rompano la disciplina di partito per votare no, rischiando l’espulsione dal gruppo.
Inizierà poi una legislatura che tutti prevedono irta di spine per il leader popolare, che governerà con la maggioranza del Congresso contro, costretto a ricercare continui accordi con l’opposizione per non cadere. Molti non danno più di un anno o due al suo esecutivo. La svolta socialista “pone fine a 300 giorni di calvario politico per la Spagna”, sentenzia El Mundo. Ma apre “una legislatura da infarto”, avverte La Vanguardia. Esausto, spaccato, sull’orlo della scissione con i catalani sostenitori del no a oltranza al nemico Rajoy, il Psoe così guadagna tempo “per ricostruirsi” dall’opposizione come auspicano Javier Fernandez e altri moderati.
Un congresso a inizio 2017 eleggerà probabilmente segretario la presidente andalusa Susana Diaz, nuova dama di ferro del partito. E’ stata proprio lei a intervenire per ultima prima del voto nel consiglio federale, una prerogativa di solito del segretario. Per il Psoe diventa vitale trovare una strategia per resistere alla concorrenza di Podemos, che aspira come Syriza in Grecia a diventare il partito egemone della sinistra, divorando spazio ed elettorato tradizionali dei socialisti. Il leader dei viola Pablo Iglesias già tuona che a sinistra ora rimane solo Podemos perché il via libera socialista a Rajoy fa nascere di fatto una “Gran Coalicion” fra Pp e Psoe, i due grandi partiti della “vecchia politica”.