La visita di Xi Jinping a Roma, le polemiche sul tanto temuto 5G, nonchĆ© le opportunitĆ apertesi ai nostri porti settentrionali: soltanto recentemente lāopinione pubblica italiana ha cominciato a familiarizzare con la āVia della Setaā, tentando di capirne i suoi pro e contro, nonchĆ© le complesse sfaccettature geopolitiche di un progetto ambizioso che si propone di rilanciare il continente asiatico e di spostare il baricentro del commercio mondiale sempre piĆ¹ ad est. Eppure la prima pietra di questa lunga cinghia di distribuzione ĆØ stata giĆ posta in Asia Centrale, regione strategicamente fondamentale per il viatico cinese verso lāOccidente, precisamente in Kazakistan, stepposo crocevia euroasiatico, tappa obbligata lungo la strada intrapresa dai tanti viaggiatori avventuratisi nei secoli al di lĆ dei confini del continente europeo con lo scopo di commerciare e conoscere;Ā in altre parole, superare confini sia culturali che terrestri. Mentre nellāepoca di Marco Polo, perĆ², la spinta verso la conoscenza era principalmente europea, oggi sono gli asiatici a voler conquistare il mercato del nostro continente, sfruttando tutto il loro potenziale in termini tecnologici.
Kazakistan, snodo della Via della Seta
In pochi sanno che il progetto geopolitico della Via della Seta ĆØ nato proprio in Kazakistan nel settembre 2013, quando il Presidente cinese Xi Jinping, invitato dallāex presidente Nazarbaev, presentĆ² davanti ad una platea di studenti dellāuniversitĆ della capitale Astana (appena ridenominata Nur-Sultan) la volontĆ di ricreare lāantica Via della Seta coinvolgendo nel discorso, per ovvi motivi strategici, il Paese centrasiatico, ad oggi transito obbligato per le merci che da Pechino arrivano in Europa via terra. La prima tappa della āOne Belt One Road Initiativeā ĆØ infatti proprio sul valico di frontiera sino-kazako di Korghos, nella zona sud-orientale di un Paese grande quasi quanto lāEuropa, centro distante circa 300 chilometri da Almaty, vecchia capitale kazaka fino alla fondazione di Nur-Sultan avvenuta nel 1996. CittĆ tra le piĆ¹ sviluppate dellāarea, fondata da cosacchi russi sulle pendici del Tian Shan nel 1854, periodo di graduale espansione dellāimpero russo in area eurasiatica, dal 1929 Almaty ha rappresentato il centro politico e culturale nevralgico essendo stata capitale della Repubblica Socialista Sovietica del Kazakistan nonchĆ© sede della firma del trattato che, subito dopo il crollo dellāUrss nel 1991, istituƬ la ComunitĆ degli Stati Indipendenti. Ad oggi, nonostante il passato sovietico ancora rievocato dallāarchitettura, dal melting pot etnico e dalla lingua russa parlata praticamente ovunque, Almaty ĆØ diventata la porta kazaka rivolta verso Pechino: la creazione del centro di smistamento ferroviario e della zona economica di libero scambio di Khorgos ha contribuito a rilanciare il ruolo strategico della cittĆ , un po' offuscato dal nuovo ruolo ricoperto da Nur-Sultan, una vera e propria Smart City di impronta finanziaria nel bel mezzo della steppa.
Il porto terrestre di Khorgos – Foto di Giannicola Saldutti
I numeri
La zona di libero scambio di Khorgos, creata per un decreto di Nazarbaev nel 2011, finanziata dalla compagnia ferroviaria statale kazaka, comprende circa 5000 ettari di terreno, suddivisi in zone a carattere logistico ed industriale. Lāinfrastruttura piĆ¹ utile ai fini della catena di distribuzione commerciale ĆØ la stazione di Altynkol, scalo logistico lungo il tragitto che trasporta la merce dalle cittĆ cinesi al confine kazako, nonchĆØ il porto terrestre āKzte- Khorgos Gatewayā, imponente struttura utilizzata al fine di processare velocemente le merci, trasferirle dalle locomotive cinesi a quelle kazake che, ĆØ bene ricordarlo, provenendo dalla tradizione sovietica hanno delle esigenze strutturali diverse dovute al diverso scartamento dei binari. Il processamento, la catalogazione ed il viaggio delle merci cinesi ha inizio proprio qui, per poi raggiungere centri europei come Mosca, Lodz e Duisburg, terminale mitteleuropeo del progetto cinese. Il porto secco di Khorgos ha cominciato ad essere operativo e a processare containers cinesi (circa 4500 in un anno) solo nel 2015, per poi passare a processarne circa 135 mila nel 2018. Le stime parlano anche di circa 330 mila containers processati nel 2021, dati in linea con lāandamento generale dei flussi economici eurasiatici verso lāEuropa: si pensi al fatto che nel 2010 non vi era alcun container cinese arrivato in Europa tramite il Kazakistan via terra, mentre nel 2018 questi hanno giĆ raggiunto quota 400 mila, si attende di arrivare ad 1,7 milioni entro il 2020. La centralitĆ del porto di Khorgos fa si che il suo porto secco sia infrastruttura cruciale per le tre āvieā implementate da Pechino colleganti il sito industriale di Lianyungang a San Pietroburgo (tramite rete autostradale), a Duisburg e ad Istanbul (tramite rete ferroviaria). La zona di libero scambio sita sul confine sino-kazako dista poche ore di auto da Almaty, 5 giorni di treno sia da Lianyungang che da Mosca (ergo, centro logistico perfetto tra Cina e Russia), nonchĆ© 10 giorni di treno dal centro di smistamento tedesco di Duisburg. Il progetto vuole a tutti i costi essere, stando a quanto affermato dal Direttore Generale della Khorgos Eastern Gate, Hicham Belmaachi, āfaster than the sea and cheaper than the airā, ossia si ripropone di diventare la soluzione piĆ¹ affidabile, veloce ed economica per commerciare con la Cina evitando il trasporto marittimo ed aereo. La Via della Seta sembra aver attivato il suo centro propulsore proprio qui in Kazakistan, nel cuore dellāEurasia. Lungo il tragitto, perĆ², non mancano punti di criticitĆ , Paesi riottosi, nonchĆ© numerose insidie doganali e burocratiche. Soltanto il tempo ci dirĆ quanto e come Pechino riuscirĆ a presentarsi come una vera e propria alternativa strutturata al commercio atlantico, ma per il momento il continente asiatico sta scrivendo la propria storia e facendo valere le proprie ragioni puntando tutto sulla propria mano dāopera e sullāuso programmato delle tecnologie.