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“Vi racconto la crisi in Venezuela”

I timori per un possibile “bagno di sangue” in Venezuela espressi da Papa Francesco riflettono la grave situazione che da quasi due anni affligge il Paese sudamericano. Da una parte Nicolas Maduro, che nell'agosto 2017 ha di fatto esautorato un Parlamento dove la componente dell'opposizione era diventata maggioritaria, sostitutendolo con la “sua” Assemblea costitutente. Dall'altra la protesta, oggi raccolta attorno a Juan Guaidò, presidente del Parlamento autoproclamatosi capo di Stato a interim. Nel mezzo gli scontri di piazza, dove le vittime si contano a decine. La comunità internazionale segue, divisa, l'evolversi della crisi. Ne abbiamo parlato con Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali

Nei quasi due anni che hanno seguito il colpo di mano di Maduro le tensioni in Venezuela sono andate crescendo. Oggi il rischio di una guerra civile è più concreto?
“Tutto dipende da quale sarà il ruolo giocato dai militari. La speranza è che un riposizionamento delle forze armate in senso sfavorevole a Maduro e a sostegno del presidente del Parlamento, Juan Gauidò, possa scongiurare questo scenario”. 

Questo cosa comporterebbe?
“Senza i militari al proprio fianco l'attuale presidente si troverebbe in una posizione più debole e sarebbe, di fatto, costretto a dimettersi”. 

Ha citato Guaidò, la sua autoproclamazione a presidente ha sicuramente spostato qualcosa, raccogliendo la protesta anti-governativa attorno a un nome e a un volto…
“Le condizioni sociali, politiche e soprattutto economiche del Venezuela si commentano da sole. Parliamo di un Paese straordinariamente ricco e, nello stesso tempo, drammaticamente povero. Una nazione, fra l'altro, gestita in modo assolutamente personalistico. Un cambio di governo potrebbe condurre a una normalizzazione della situazione”. 

L'elezione in Brasile di Bolsonaro può essere stata decisiva per il cambiamento di equilibri nella regione, isolando ancor più Caracas? 
“Credo abbia inciso relativamente: è la gran parte della comunità internazionale che sta contestando i risultati delle presidenziali venezuelane. Se la situazione non fosse seria, non se ne sarebbe. Nonostante sia un Paese di grande importanza nello scenario sudamericano il problema non è il Brasile ma Maduro in sé”. 

In che senso?
“Una leadership che impoverisce il proprio Paese e che crea fortissimi contrasti, rischiando di scatenare una guerra civile, è a dir poco controversa…”

Eppure qualcuno, alle ultime presidenziali, Maduro lo ha votato. Quindi un qualche sostegno popolare deve pur averlo…
“Le dittature si basano sul consenso. Nei giorni passati abbiamo ricordato l'orrore della Shoah: ecco, i nazisti riempivano le piazze di folle oceaniche. Maduro gode ancora del sostegno popolare, anche piuttosto ampio, ma questo non lo rende un leader giusto”.

Però apre interrogativi sul fatto se l'eventuale passaggio di consegne sarà indolore per il Paese…
“Ma questo sta avvenendo già oggi: contiamo diversi morti ammazzati nelle piazze. Ripeto: non ho memoria di rivoluzioni contro i grandi despoti della storia. I dittatori non si ritrovano soli all'improvviso…”

Una delle conseguenze della crisi è l'immenso esodo di migranti verso il Nord America… 
“Il Venezuela, di per sé, è un Paese ricchissimo, pieno di risorse. Il fatto che i suoi cittadini scappino per trovare un lavoro altrove dovrebbe farci riflettere sull'attuale leadership venezuelana. Con un eventuale cambio di governo che a politiche economiche e sociali capaci di generare benessere verrebbe meno la necessità fuggire. Questo, però, ovviamente richiederebbe tempo”. 

Trump ha proposto di trattare una via d’uscita “pacifica” di Maduro. Quali interessi muovono l’amministrazione americana nei confronti del Venezuela?
“Prima Chavez e poi Maduro hanno sempre sostenuto posizioni fortemente anti americane. E', quindi, evidente che gli Stati Uniti vedano di buon occhio un cambio di governo. E' sempre stata la posizione della Casa Bianca, a prescindere da Trump”. 

Quindi sono solo interessi politici…
“No, ovviamente. Recuperare il Venezuela nel consesso internazionale significa anche migliorare in modo sensibile la bilancia commerciale per diverse nazioni”.

Dall'altra parte Maduro può contare sull'esplicito sostegno della Russia…
“… e anche su quello di Cina e Turchia. Chiediamoci quanto è il salute la democrazia in questi Paesi e la risposta è presto data”. 

A Guaidò è, invece, arrivato l'endorsement dell'Ue. Peccato che a maggio, dopo le europee, alcune posizioni potrebbero cambiare…
“Vediamo se Maduro ci arriva a maggio”

E se ci arrivasse?
“Allora ciascun Paese membro deciderà autonomamente la propria posizione nei confronti del Venezuela di Maduro”. 

Quindi la stessa Ue potrebbe risultare divisa?
“E' normale. Non abbiamo né una politica estera, né una difesa comune. Non siamo gli Stati Uniti d'Europa, siamo un raggruppamento di Paesi”. 

E anche all'interno dei singoli governi le vedute potrebbero essere diverse. In Italia, ad esempio, Lega e M5s non la pensano allo stesso modo su Maduro…
“Il governo italiano non ha ancora espresso una posizione univoca. Vedremo quale sarà…”

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