Si è conclusa in un bagno di sangue in Venezuela la rivolta carceraria avvenuta a Puerto Ayacucho, capitale dello stato di Amazonas, al confine con Brasile e Colombia. Le forze dell’ordine hanno ucciso almeno trentasette prigionieri.
Uccisa quasi la metà dei detenuti
La notizia della sollevazione carceraria è stata diffusa dal governatore dello Stato, Liborio Guarulla, che in un tweet ha sottolineato che “il 40% dei reclusi nel Centro di Detenzione Giudiziaria di Amazonas, che in totale erano 105, sono morti nell’azione messa a segno dalle forze speciali”. Il governatore – citato da Reuters – non esita a definire quanto avvenuto un “massacro”.
Gli scontri sarebbero iniziati intorno alle mezzanotte del 16 agosto e avrebbero provocato, sempre secondo quanto riferito dal governatore Guarulla, anche quattordici agenti di polizia.
Rivalità tra gang
Il motivo scatenante sarebbe stato lo scontro tra due gang locali. Su ordine del ministero degli Interni i carcerieri sarebbero allora intervenuti in tenuta antisommossa per sedare le violenze e sarebbero stati costretti ad aprire il fuoco.
Crisi anche nelle carceri
La crisi economica e politica che attraversa il Venezuela, si ripercuote anche sulle carceri del Paese. Fame e anarchia sono penetrate dietro le sbarre. Questo scenario favorisce i regolamenti di conti nelle galere tra organizzazioni criminali.
È infatti in rapido aumento il numero delle rivolte dei detenuti ridotti in alcuni casi alla fame e spesso coinvolti in un giro di contrabbando di armi. L’episodio di Puerto Ayacucho è il più grave dagli incidenti dal 2013 quando, nella stessa prigione, una rivolta terminò con la morte di sessantuno persone.