Tensione alle stelle in Venezuela, dove le recentissime elezioni dell’Assemblea Costituente hanno una volta di più rinforzato la politica di repressione attuata dal leader Nicolas Maduro nei confronti dell’opposizione. Nel suo primo discorso pubblico dopo la votazione (andata in porto con un’affluenza del 41,53%), il presidente venezuelano aveva specificato il ruolo che, di lì in poi, avrebbe ricoperto l’organismo: prendere misure contro il Parlamento, la Procuratrice Generale, i dirigenti dell’opposizione e la stampa indipendente. E, a tempo di record, gli effetti conseguenti alle parole di Maduro non hanno tardato a manifestarsi nel concreto, abbattendosi su due dei leader dell’opposizione. Nello specifico, a essere finiti agli arresti sono stati Leopoldo Lopez, di “Voluntad Popular” e Antonio Ledezma, ex sindaco di Caracas, entrambi già sottoposti agli arresti domiciliari: secondo quanto riferito dalle famiglia via social, i due leader politici, fra i principali oppositori del presidente, sarebbero stati prelevati nottetempo dalle loro abitazioni, con tanto di video diffuso in rete del momento dell’arresto.
Le famiglie: “Maduro responsabile”
Lilian Tintori, moglie di Lopez, ha scritto via Twitter che gli agenti del governo “sono venuti a prendere Leopoldo a casa. Non sappiamo dove si trovi né dove lo hanno portato. Maduro è responsabile se gli succedesse qualcosa”. Al contempo, la figlia di Ledezma, Oriette, ha diffuso un video di denuncia contro le operazioni messe in atto nei confronti di suo padre, pubblicato inizialmente sul profilo di Antonio ma, successivamente, dirottato su un altro profilo. Entrambi i leader politici, come detto, erano già da tempo in stato di detenzione presso le loro abitazioni: su Leopoldo Lopez, a capo del movimento di centro-destra “Voluntad popular”, grava una condanna a 14 anni per istigazione alla violenza (l’8 luglio scorso era stato rilasciato dal carcere militare dove era detenuto); il sindaco di Caracas, Ledezma, ha invece trascorso quasi tutto il periodo compreso dal 2014 (anno del suo arresto) a oggi ai domiciliari.
Venezuela, bilancio tragico
Non accenna ad allentarsi, dunque, la morsa del governo Maduro sul Venezuela. Solo nei giorni delle elezioni, sono stati almeno 14 i morti registrati negli scontri avvenuti nei pressi dei seggi elettorali o nelle strade delle città del Paese. Solo stimato, per ora, il totale dei decessi dall’inizio della protesta: secondo la Procura venezuelana, da aprile a oggi, non meno di 121 persone sono rimaste uccise negli scontri di piazza, altre 1958 sono state ferite. E, mentre nei confini dello Stato sudamericano aleggia lo spettro della guerra civile, si allarga il fronte dei Paesi che non hanno riconosciuto l’esito del voto, a cominciare dai vicini Argentina, Colombia, Perù e Messico (con gli Stati Uniti che continuano ad annunciare sanzioni contro Maduro). Secondo quanto riferito dalla Procura, il 25% dei morti sono dovuti al fuoco delle Forze dell’ordine, il 40% a quello di gruppi civili armati: “Il Venezuela non merita questo – ha detto la procuratrice generale, Luisa Ortega Diaz -, sono gravi violazioni dei diritti umani che intendo continuare a denunciare”.