Dopo 32 anni, gli Stati Uniti hanno annunciato di essersi ritirati formalmente dal Trattato Inf (Intermediate-Range Nucelar Forces), siglato con la Russia di Mikhail Gorbačëv nel 1987. Si chiude un'era che coincise con il disgelo fra i due blocchi statunitense e sovietico post Guerra Fredda. Ora resta valido solo il Trattato Start (STrategic Arms Reduction Treaty, Trattato di riduzione delle armi strategiche), valido due anni e concernente la deterrenza strategica.
Il trattato dei due blocchi
L'Inf fu un prolifico esempio di negoziazione e diplomazia fra le due superpotenze “nemiche-amiche” della Guerra Fredda. Nello specifico, il trattato vincolava la Russia e gli Stati Uniti a garantire un equilbrio dei loro arsenali militari. L'accordo prevedeva misure di disarmo, perché era volto all'eliminazione dei missili balistici e cruise di medio e corto raggio che potevano contenere testate nucleari. Oggi il controllo degli armamenti ha subito una battuta d'arresto che, per Washington, è stata causata da Mosca. Già lo scorso ottobre, infatti, gli Stati Uniti avevano annunciato il ritiro qualora il Cremlino non avesse rispettato i termini del Trattato entro sei mesi. Qualche mese dopo, il presidente Vladimir Putin aveva risposto che il comportamento della Russia sarebbe stato “speculare”, sottintendendo una corsa americana agli armamenti e giustificando la sua presa di posizione. A circa 20 anni (1991) dalla fine della cosidetta stagione degli euromissili, che comportò la distruzione di 2.692 missili sovietici e statunitensi, i due Paesi hanno deciso di virare da un'altra parte. Secondo gli analisti, la sospensione del Trattato rappresenta un'anticamera alla corsa agli armamenti da parte di entrambi gli Stati: l'assillo di Washington sarebbe contrastare la superpotenza cinese e Mosca intende posizionarsi con forza nello scacchiere geopolitico internazionale. Come ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: “Ci sono sempre più missili russi”, denunciando lo scenario, sempre più plausibile, di basi missilistiche su suolo europeo.
La Nato contro la Russia
Dal punto di vista della Nato, la responsabilità dell'esito fallimentare del Trattato è imputabile alla Russia. Secondo il Consiglio Nord-Atlantico, infatti, Mosca è responsabile delle ripetute violazioni degli accordi. Nella nota rilasciata si legge: “La Russia ha la sola responsabilità della fine del trattato. Ci rammarichiamo che la Russia non abbia mostrato alcuna volontà e non abbia preso misure dimostrabili per tornare al rispetto dei suoi obblighi internazionali. Una situazione in cui gli Stati Uniti rispettano pienamente il trattato e la Russia no, non è sostenibile”. Per la Nato, il casus belli sarebbe il missile russo 9M729, prodotto dalla russa Kbo Novator e sufficiente a colpire l'Europa occidentale o, addirittura, la costa occidentale degli Stati Uniti, se lanciato dalla Siberia. La sua gittata è tra i 500 e i 5.500 chilometri e ha una quota di tangenza di 6.000 metri. La Nato ha annunciato una risposta significativa alla potenziale minaccia di Mosca: “Abbiamo concordato un pacchetto equilibrato, coordinato e difensivo di misure per garantire che la posizione di dissuasione e difesa della Nato rimanga credibile ed efficace. Gli alleati sono fermamente impegnati a preservare un efficace controllo internazionale degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione. Pertanto, continueremo a sostenere e rafforzare ulteriormente il controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione, come elemento chiave della sicurezza euro-atlantica, tenendo conto del contesto di sicurezza prevalente” ha dichiarato l'Organizzazione in una nota.