È stata eseguita la condanna a morte di Kelly Renee Gissendaner. La donna, 47 anni, è stata giustiziata tramite iniezione letale alle 12.21 ora locale nella prigionie di Jackson, in Georgia. Lo riferiscono i media americani. L’esecuzione, prevista inizialmente per le 19 (l’una in Italia), era stata ritardata da tre appelli presentati dai legali della donna, tutti respinti dalla Corte Suprema. La condanna era stata anche annullata a febbraio e poi di nuovo a marzo, quando le autorità riscontrarono un problema nel farmaco che stavano per usare per l’iniezione fatale.
Gissendaner era l’unica donna nel braccio della morte nello Stato. Si tratta anche della prima donna sulla quale è stata eseguita una condanna a morte in Georgia da 70 anni e della 16esima uccisa con pena capitale negli Stati Uniti dal 1976. Nello specifico, Gissendaner era accusata di aver progettato l’omicidio del marito che fu poi assassinato dal suo amante. Vani i tentativi di difesa dei suoi avvocati che, in tribunale, avevano sottolineato come la moglie non fosse materialmente l’esecutrice del reato perché non era presente quando il marito fu ucciso. Il rapimento e l’omicidio furono opera dell’allora fidanzato Gregory Owen, da solo. L’uomo, condannato all’ergastolo, sarà però liberato tra otto anni, dopo aver testimoniato contro la 47enne.
È caduto dunque nel vuoto l’appello di papa Francesco, che nel corso della sua visita negli Stati Uniti aveva chiesto che fosse commutata la pena della donna. Il Pontefice, con una lettera scritta dal nunzio Carlo Maria Viganò, aveva cercato di fermare l’iniezione letale. Numerose anche le proteste e le manifestazioni pro-life in difesa della Gissendaner, ma niente ha scosso il Governatore della Georgia che ha ritenuto di non dover concedere la grazia, né la Corte Suprema che non ha commutato la sentenza, ormai inappellabile.