Al treno intercity partito da Pecs, nel sud dell’Ungheria e diretto a Budapest è stata aggiunta una carrozza, sulle cui pareti è stato affisso il cartello: “Questo vagone viaggia a porte chiuse”. Il locale infatti era pieno di migranti, donne e bambini, per lo più siriani e afghani. Il provvedimento è stato preso per evitare che gli immigrati, appena registrati come clandestini e diretti verso i campi profughi, potessero scendere e far perdere le loro tracce.
Si tratta di un vero choc per il Paese di Viktor Orban che proprio nelle scorse settimane ha dato il via alla costruzione di un muro anti-profughi lungo il confine con la Serbia. In poco tempo alcuni media locali sono insorti contro il governo sottolineando che i vagoni blindati ricordano quelli del 1944, quando mezzo milione di ebrei ungheresi venivano deportati.
Diversamente la pensa Fidesz alla guida dell’esecutivo. L’Ungheria è infatti l’unico Paese Ue che non ha accolto i migranti così come previsto nell’accordo raggiunto a Bruixelles. Ma di questo ne va fiero il premier Janos Lazar: “Questa gente doveva essere fermata e registrata già in Grecia, perché sono entrati in Europa da lì. A quel che mi risulta – ha detto alla stampa – nei Balcani non c’è attualmente alcuna guerra. Hanno pagato dei trafficanti, in Serbia, e vengono trasportati a bordo di autobus fino al confine ungherese. Costruiamo una barriera proprio per farla finita con tutto questo”. Nuovi campi con grandi tendoni saranno costruiti, a breve, proprio vicino al confine. E il passaggio illegale in Ungheria sarà qualificato come reato invece che come semplice contravvenzione, come accadeva fino ad oggi.
Sul caso però si esprimono gli esperti di diritto, secondo i quali il Paese non potrà bypassare infatti convenzioni e regole internazionali. “È una battaglia persa già in partenza”, avverte il giornale Nepszabadsag, uno dei primi a dare la notizia dei vagoni chiusi. Ma non tutti la pensano così in Ungheria, e proprio vicino Pecs e Szeged, vicine al confine meridionale, ci sono numerosi volontari di Migration Aid che distribuiscono acqua e panini, aiutano a medicare chi è ferito e supportano le donne con bambini piccoli.