Oggi il popolo ungherese è chiamato alle urne per votare il referendum sulla redistribuzione dei profughi in Europa. I votanti chiamati alle urne sono 8,27 milioni. I sondaggi prevedono che l’80% dirà ‘no’ alle quote decise dall’Unione europea per i ricollocamenti; al tempo stesso, è improbabile che venga raggiunto il quorum dei voti validi che dovrà superare il 50% per rendere legittima la consultazione.
Intanto, attraverso il portavoce del governo, il premier Viktor Orban ha già annunciato il risultato ‘politico’ del referendum. “Lanceremo un messaggio a Bruxelles: non si può fare politica contro la volontà della gente” ha detto ieri il nazional-populista nel tentativo – neppure velato – di conquistare un avallo plebiscitario da usare contro ogni futuro piano Ue di ricollocamento di migranti nel Paese.
Il premier ungherese sostiene che i flussi migratori vadano fermati con la creazione di “una gigantesca città dei profughi” in Libia – o in Nord Africa, ma comunque fuori dall’Europa – dove “rispedire” anche i migranti entrati clandestinamente. Inoltre, per difendere i confini, sarebbe opportuno – prosegue Orban – costruire recinzioni anti profughi – come ha fatto l’Ungheria col reticolato al suo confine meridionale – e respingendo in mare i barconi dei trafficanti di esseri umani senza farli approdare nei centri di accoglienza greci o italiani.
l’Ungheria – insieme a Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia – fa parte del gruppo di Visegrad, i quattro Paesi dell’Est che chiedono da tempo la revisione dei trattati europei con l’obiettivo di conferire più potere agli Stati membri, diminuendo il ruolo della Commissione (anche) in merito alle politiche immigratorie. Il Paese magiaro, peraltro, l’anno scorso aveva concesso asilo solo a 508 persone.