Dopo il tentato colpo di Stato in Turchia proseguono le epurazioni e si attendono nuove mosse del presidente Recep Tayyp Erdogan, rientrato nel frattempo ad Ankara. Gli ultimi a finire nel mirino sono accademici e stampa, ma altre novità sono in arrivo.
Il consiglio per l’Istruzione ha decretato il divieto di espatrio per tutti gli accademici turchi, dopo che ieri erano state richieste le dimissioni per 1577 decani di università, di cui 1176 dipendenti pubblici e 401 legati a fondazioni private. Il numero delle persone rimosse dal loro incarico sfiora quota 50.000. Tutte le decisioni sono state motivate dalla necessità di verificare eventuali legami con la confraternita di Fetullah Gulen, il miliardario e ideologo islamico residente negli Usa dal 1999, ex alleato e attualmente acerrimo nemico del presidente Erdogan, che lo ritiene la mente del tentativo di colpo di stato.
L’authority per le comunicazioni ha sospeso le trasmissioni di 24 emittenti Tv e radio e il direttorato per la stampa ha comunicato il ritiro del tesserino per 34 giornalisti. Per tutti l’accusa è di avere connessioni con la confraternita di Gulen
Nelle ultime ore è comparso nella centrale piazza Taksim, un tempo cuore delle manifestazioni antigovernative ma ora centro delle manifestazioni di sostegno a Erdogan, un enorme striscione appeso sulla facciata del centro culturale Ataturk che minaccia “Gulen, cane del diavolo, impiccheremo te e i tuoi cani allo stesso guinzaglio”.
Da Roma è arrivata la notizia che, con una risoluzione approvata all’unanimità dal plenum e che sarà inviata al Guardasigilli Andrea Orlando e al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il Csm ha sospeso “ogni rapporto di cooperazione” con il Consiglio superiore dei giudici e dei pubblici ministeri della Turchia “fino a quando non sarà fatta chiarezza sul ruolo di tale Consiglio nelle determinazioni che hanno portato all’arresto o alla destituzione di oltre 2mila magistrati”. “Non vi è libertà e legalità in quel Paese dove i giudici non sono liberi”, ha affermato il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Canzio e Pasquale Ciccolo, intervenuti nel corso del plenum.