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Turchia: non si fermano le “purghe” post golpe, oltre 9 mila agenti sospesi dal servizio

Proseguono le purghe in Turchia per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Galen. Altri 9.103 agenti di polizia sono stati sospesi dalle loro funzioni nell’ambito della maxi-inchiesta avviata dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio. Dal tentato putsch, le persone arrestate sono oltre 47 mila e i dipendenti pubblici epurati più di 130 mila.

I blitz scatenano però nuovi allarmi in Europa sulla repressione di Erdogan. “Abbiamo preso atto con preoccupazione di questi arresti di massa, così come per altri che abbiamo osservato in passato”, ha fatto sapere il ministero degli Esteri tedesco dopo l’operazione che, nelle scorse ore, ha portato all’arresto di circa mille persone. Secondo Berlino, “è giusto che venga fatta piena chiarezza sul tentato golpe dell’anno scorso, ma bisogna rispettare lo stato di diritto e i principi della proporzionalità“.

Nel frattempo, non si fermano le proteste contro i presunti brogli nel referendum sul “super-presidenzialismo” di Erdogan. Dopo i ricorsi respinti prima dalla Commissione elettorale suprema e dal Consiglio di stato, il principale partito di opposizione, il kemalista Chp, ha annunciato che chiederà l’annullamento del voto alla Corte europea dei diritti umani. L’esito della consultazione, vinta di misura dal Sì con il 51,4%, continua a dividere, soprattutto per le accuse di manipolazioni e la decisione della Commissione elettorale di considerare come valide anche le schede senza il suo timbro ufficiale, criticata anche dagli osservatori internazionali dell’Osce.

La distanza tra Ankara e Bruxelles sembra allargarsi sempre di più. “L’Ue non vuole in alcun modo chiudere la porta al popolo turco, che resta un popolo amico con cui cerchiamo il dialogo”, ma “la pena di morte rappresenta una linea rossa”, ha ribadito il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, in apertura di un dibattito in plenaria sulla Turchia. “L’Europa non è un continente islamofobo“, ha aggiunto Tajani in risposta alle accuse di Ankara dopo la decisione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di rimettere il Paese sotto la procedura di pieno monitoraggio. Uno status da cui era uscito nel 2004, quando i negoziati di adesione all’Ue non erano ancora cominciati. “E’ arrivato il momento di un dibattito aperto e amichevole sul futuro del rapporto tra Unione europea e Turchia”, ha constatato il commissario per le politiche di Vicinato e Allargamento, Johannes Hahn.

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