Continua la repressione del governo di Ankara dopo il fallito golpe militare del 15 luglio scorso. La polizia turca ha condotto oggi decine di raid in sedi di imprese a Istanbul, principale città del Paese, alla ricerca di sospetti sostenitori e finanziatori del magnate Fethullah Gülen, l’imam in autoesilio negli Usa che le autorità turche considerano il regista e l’ispiratore del golpe.
Secondo l’agenzia locale Anadolu, le forze dell’ordine hanno fatto irruzione negli uffici di 44 società nei quartieri di Uskudar e Umraniye, nella parte asiatica dell’antica Costantinopoli. Non sono ancora stati resi noti i nomi delle aziende, ma sono stati spiccati 120 mandati d’arresto. L’ennesima purga – in nome della sicurezza nazionale – lanciata per volere del presidente Recep Tayyip Erdogan dopo il tentativo di parte delle forze armate di “defenestrarlo”. In un mese, sono state arrestate più di 35mila persone e di queste ne sono state rilasciate 11.600.
“Questa organizzazione ha ramificazioni nel mondo delle imprese – ha motivato l’operazione odierna Erdogan -. Forse è dove sono più potenti. Perché é una regola: nessun progetto può avere successo senza finanziamenti”. “Siamo decisi a recidere ogni legame imprenditoriale con questa organizzazione, che ha mani sporche di sangue – attacca -. Gülen vive in autoesilio in Pennsylvania e nonostante abbia a suo carico già altri mandati d’arresto emessi dalla magistratura turca”.
Il 4 agosto scorso il tribunale di Istanbul aveva spiccato un mandato d’arresto nei confronti di Gulen con l’accusa di aver “ordinato il tentato golpe del 15 luglio”. Accuse sempre rispedite al mittente dal diretto interessato che, dall’esilio, ha sempre negato qualunque ruolo nei presunti complotti per rovesciare il governo. Da tempo Ankara chiede l’estradizione dell’imam al Governo Usa, che però nega e chiede prove certe della sua colpevolezza prima di qualsiasi atto legale.