Continuano le epurazioni in Turchia dopo il fallito colpo di stato dello scorso 15 luglio. Il governo turco ha infatti licenziato altri 8.000 dipendenti statali per presunti legami con organizzazioni terroristiche. Il provvedimento è contenuto nella gazzetta ufficiale e stabilisce anche la chiusura di 83 associazioni, numero che porta a 1.500 il numero di organizzazioni colpite. Tra i dipendenti presi di mira dalla nuova misura figurano 2.687 ufficiali di polizia, 1.699 impiegati del ministero della giustizia e 631 accademici e vanno ad aggiungersi alle almeno 100.000 persone già sospese o licenziate. Le epurazioni si sono concentrate negli ambienti che avrebbero legami con Fethullah Gulen, un ex alleato del presidente Tayyip Erdogan divenuto suo acerrimo nemico e residente ora negli Stati Uniti. Tra le personalità colpite anche chi ha legami con il Pkk, il partito dei lavoratori curdi, al bando.
Per il fallito golpe dello scorso 15 luglio, l’unico responsabile, secondo il presidente turco Erdogan, è Fethullah Gulen, il predicatore islamico esiliato negli Stati Uniti. Contro i suoi fedelissimi e sostenitori, Erdogan ha avviato profondo epurazioni, colpendo docenti, magistrati e giornalisti. Ma la categoria che ha subito più conseguenze è soprattutto quella delle forze armate e di sicurezza. L’onda delle epurazioni si è abbattuta anche su alcuni pezzi importanti dei quartier generali delle forze armate ad Ankara e Istanbul. Stessa sorte è toccata all’aviazione, con cui il governo dell’AKP ha condotto le operazioni ai confini con la Siria nella lotta contro il PKK.