Negli ultimi due mesi è la terza volta che il popolo tunisino torna alle urne per votare: lo scrutinio finale di questi giorni deciderà il prossimo presidente della Repubblica. Il seggio elettorale si è aperto ieri per i residenti all’estero, ma nei confini nazionali si inizia oggi a votare. Un’anteprima dei risultati sarà disponibile da questa sera alle 21 dell’ora italiana, mentre gli esiti ufficiali saranno resi pubblici entro le 48 ore successive. La scelta per i cittadini è tra il presidente uscente Moncef Marzouki, 69 anni, attivista per i diritti umani e Beji Caid Essebsi, classe 1926 e che ha già ricoperto incarichi sotto Habib Bourguiba e sotto Zine el-Abidine Ben Ali.
I sondaggi rivelano un leggero vantaggio per Essebsi che con il 39% dei voti allontana l’avversario per pochi punti, è per questo che nelle ultime due settimane la campagna elettorale è stata particolarmente accesa. I due candidati si sono attaccati a vicenda, con un esito negativo agli occhi dei cittadini, ad affermarlo sono alcuni analisti. Kais Saied, che insegna diritto costituzionale all’Università di Tunisi, non ha esitato ad affermare: “Entrambi puntano la loro campagna sulla paura”.
Il contesto in cui le elezioni si svolgono è molto delicato, proprio pochi giorni fa ricadeva l’anniversario della morte di Mohamed Bouazizi, l’attivista tunisino divenuto simbolo delle sommosse popolari. Il ragazzo si era dato fuoco il 17 dicembre 2010 in segno di protesta per le condizioni economiche del suo Paese. Inoltre tra le questioni calde da affrontare c’è quella del terrorismo: mercoledì scorso un video di alcuni jihadisti con la bandiera dello “Stato islamico” che rivendicavano gli omicidi dei due politici di opposizione Chokri Belaid e Mohamed Brahmi del 2013, è stato diffuso in rete, suscitando terrore e paura per le imminenti elezioni.
In caso di vittoria del presidente Beji Caid Essebsi, il partito avrà un controllo totale sul potere governativo e presidenziale, nell’eventualità opposta, cioè la vittoria di Moncef Marzouki, si presenterebbe un inevitabile scontro tra Parlamento e presidenza.