Donald Trump ha posto il veto presidenziale sulla risoluzione con cui il Congresso ha chiesto uno stop al coinvolgimento americano nella guerra guidata dall'Arabia Saudita in Yemen.
Il voto
Capitol Hill si era pronunciato contro l'appoggio incondizionato dell'amministrazione a Riad, ovvero al principe alla corona saudita, Mohammed bin Salman, considerato uno dei responsabili dell'omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi. Questo ha spinto diversi repubblicani a votare insieme ai democratici il via libera alla risoluzione. La palla ora torna al Senato, che dovrà decidere se tentare o meno di scavalcare il veto di Trump. La risoluzione infatti ha mosso i primi passi proprio nella Camera Alta e, in base alla legge, il processo per superare il veto deve partire dal ramo del Congresso che per primo ha approvato la misura.
Il presidente
“Il conflitto in Yemen deve finire ora. La Camera chiede al presidente di lavorare con noi per portare avanti una soluzione duratura che metta fine alla crisi e salvi delle vite”, ha detto la speaker Nancy Pelosi, definendo la guerra in Yemen una “crisi umanitaria che mette alla prova la coscienza del mondo intero”. Deluso dal veto anche parte del partito repubblicano. Nello spiegare la decisione di bocciare l'iniziativa, Trump si è detto d'accordo con il Congresso sul fatto che i grandi Paesi “non combattono guerre senza fine“, citando gli esempi dell'Afghanistan e della Siria. Ma, ha aggiunt, lo Yemen è un caso diverso perché gli Stati Uniti offrono solo sostegno logistico alla colazione guidata dall'Arabia Saudita. “Non possiamo mettere fine al conflitto in Yemen tramite documenti politici. La pace nel Paese richiede la negoziazione di un accordo”, ha aggiunto.
Il plauso
Gli alleati di Riad hanno plaudito il presidente americano e insistito che continueranno a lavorare per un accordo attraverso l'Onu. “Il sostegno di Trump alla coalizione araba inYemen è un segnale positivo della determinazione americana nei confronti degli alleati”, ha commentato il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Anwar Gargash.