Il prossimo 3 maggio, a Washington, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, riceverà il leader palestinese, Abu Mazen, come annunciato all’inizio del mese di marzo. L’obiettivo: discutere la soluzione dei due Stati per risolvere il conflitto fra Israele e Palestina nella Striscia di Gaza. La formula degli Stati separati, come spiegato da Azzam al-Ahmad, dirigente dell’organizzazione al-Fatah, verrà riproposta sul tavolo dello Studio ovale da una delegazione palestinese, in procinto di partire per gli Stati Uniti per incontrare il Tycoon e tentare di porre un freno ai combattimenti tra gli eserciti di Israele e Hamas. Un incontro che, a poco più di un mese dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca, era stato preannunciato a seguito di una telefonata tra il neopresidente e Abu Mazen, avvenuta il 10 marzo scorso e definita “molto positiva”: l’invito alla Casa Bianca, infatti, è stato visto come “un messaggio chiaro che la questione palestinese è viva e vegeta e che il presidente Abu Mazen è visto come un partner valido dalla amministrazione Usa”.
Abu Mazen, strategie di pace
Dopo un silenzio di circa 3 anni, il quale ha fatto seguito al fallimento dei negoziati statunitensi del 2014, la telefonata fra Trump e il presidente dell’Autorità nazionale palestinese ha rappresentato il primo passo di riavvicinamento fra Usa e Anp, interpretato da entrambe le parti come un segnale positivo per le trattative di pace in Medio Oriente, in particolare in merito alla soluzione dei due Stati, nonostante alcune perplessità da parte degli Stati Uniti sull’annessione di alcuni territori della Cisgiordania. Nelle ore successive al colloquio telefonico, Abu Mazen aveva fatto sapere, tramite portavoce, che l’impegno per la pace si costituiva come parte integrante di una strategia di convivenza dello stato palestinese al fianco di quello israeliano che, almeno inizialmente, non aveva mostrato nessuna reazione rispetto all’annuncio dell’incontro.
Barghuti annuncia sciopero della fame
Nei giorni appena precedenti alla diramazione della data ufficiale del vertice alla Casa Bianca, Marwan Barghouti, dirigente di al-Fatah e detenuto in un carcere israeliano con la condanna a 5 ergastoli per omicidio, ha annunciato che i militanti dell’organizzazione paramilitare palestinese reclusi nei penitenziari di Israele inizieranno uno sciopero della fame. Una protesta che, come dichiarato, proseguirà a oltranza e per la quale Barghuti ha chiesto il sostegno politico del presidente Abu Mazen. Lo sciopero era stato annunciato dal dirigente il 13 aprile scorso, con data d’inizio per il 17: ufficialmente, la protesta riguarda le condizioni delle carceri israeliane ma, al tempo stesso, potrebbe costituire un segnale di dissenso verso la dirigenza dell’Anp e della sua linea politica.