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TRUMP IN MESSICO: “IL MURO SI FARÀ, IN COLLABORAZIONE”

Donald Trump, candidato repubblicano alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, è arrivato per una visita non programmata in Messico, ieri, per confrontarsi con il presidente Enrique Pena Nieto sui temi di interesse comune e “sulle comuni sfide che entrambi i Paesi si trovano ad affrontare”. Chi, nei giorni scorsi, aveva parlato di una sua “frenata” sulle posizioni contro l’immigrazione irregolare – idea, questa, confortata, in realtà, dallo stesso Trump, che aveva mostrato una maggiore apertura e “flessibilità” in alcuni comizi e interviste – ha dovuto ricredersi. Nessuna marcia indietro. Il muro al confine con il Messico si farà, conferma Trump. “È un diritto degli Stati Uniti. Qualunque Paese ha il diritto di costruire un muro o una barriera alla frontiera”, ha dichiarato. “Serve anche per fermare il contrabbando e i mercanti di droga”. E poi ha aggiunto che anche il Messico contribuirà alle spese. Eventualità, questa, subito negata dal Presidente dello Stato del Centro America.

Sul suo profilo Twitter, il Presidente Pena Nieto scrive di avere chiarito la posizione del Messico sulla questione nell’incontro con il candidato repubblicano alla Casa Bianca, dicendo che “il Messico non pagherà per il muro” che il magnate ha intenzione di costruire alla frontiera comune.

Per Trump, è il suo primo vero viaggio “all’estero” in cui si propone come uno statista, con un progetto e una idea politica. “Propongo al Messico di lavorare insieme su cinque obiettivi comuni. Primo, fermare l’immigrazione clandestina anche da altri Paesi latinoamericani, un disastro umanitario che danneggia anche voi. Secondo, rendere sicuro il confine, rispettando il diritto di costruire un muro per difenderlo. Terzo, smantellare insieme i cartelli dei narcos. Quarto, migliorare il Nafta per renderci tutti più forti, anche contro la concorrenza cinese. Quinto, manteniamo la ricchezza manifatturiera nel nostro emisfero”.

Sei milioni di posti di lavoro americani dipendono dalle esportazioni in Messico, voi esportate nel mio Paese più di tutti i paesi europei messi assieme. E attraverso il nostro comune confine passano legalmente ogni giorno centinaia di migliaia di persone, le relazioni economiche sono benefiche per tutti e due gli Stati”, ha detto il Presidente messicano nell’incontro. E Trump ha risposto: “Ho grande rispetto per milioni di messicani che lavorano in America. Ho tanti amici fra loro. Sono persone straordinarie. Molti di loro sono miei dipendenti, li ammiro e li rispetto, bravi lavoratori”.

Donald Trump, però, appena rientrato negli Usa, davanti ad una folla applaudente al suo comizio in Arizona insiste: “Il Messico pagherà, al 100 percento”, ribadendo uno dei punti contestati del suo programma sull’immigrazione: l’espulsione immediata per circa 11milioni di irregolari. A Phoenix, però, il candidato repubblicano sembra avere lanciato messaggi ambigui, da un lato, affermando da un lato che la priorità sarà fare uscire dagli Stati Uniti gli “stranieri criminali” e che “tutti i residenti saranno trattati con rispetto e dignità”, dall’altro lato ripetendo che “l’espulsione di chi è entrato illegalmente è una semplice applicazione della legge”.

Con toni infuocati, ben diversi da quelli moderati usati durante la sua visita in Messico, Trump ha dichiarato l’intenzione di creare una “forza speciale di espulsione” di immigrati arrestati per crimini; rendere più difficile il percorso di acquisizione della cittadinanza; introdurre criteri più restrittivi di valutazione, in modo da assicurare che diventino cittadini statunitensi persone che condividono i valori del Paese; tenere una linea dura con quelli che rinnovano i visti più volte.

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