Icadaveri di decine di civili, in parte “giustiziati” dall’Isis, sono stati trovati nella città siriana di Qaryatayn, nella provincia centrale di Homs. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus). L’organizzazione afferma che 116 corpi sono stati rinvenuti dopo il ritiro dei jihadisti, sabato. Secondo il Comitato locale degli attivisti di Palmira, 35 di questi portano i segni di esecuzioni sommarie. Non si sa come siano morti gli altri.
Il massacro è avvenuto durante le tre settimane di occupazione della città da parte del Califfato, dal primo ottobre fino a sabato. L’Ondus afferma di avere ottenuto dalle sue fonti in loco conferma che almeno 52 dei civili sono stati uccisi per avere passato informazioni e cooperato con le forze governative, che hanno ripreso il controllo di Qaryatayn insieme alle milizie loro alleate, siriane e straniere. Tra le vittime vi sono due donne e un medico, secondo le stesse fonti.
Migliaia di sfollati siriani in fuga dai combattimenti delle ultime settimane a Raqqa e a Dayr az Zor contro il sedicente Stato islamico sarebbero, intanto, ammassati senza assistenza in un’area desertica a circa un chilometro dalla frontiera giordana, ma le autorità di Amman non li lasciano avvicinare. Circa 3.000 famiglie si sono sistemate in una zona vicino al campo profughi di Al Rukban, costruendo alloggi di fortuna fatti di fango. Il campo è protetto da milizie locali siriane affiliate alla Giordania, che non permettono agli sfollati di avvicinarsi al confine. “Le condizioni dei rifugiati sono molto dure e sono a rischio di malattie e malnutrizione”, ha detto all’Ansa una fonte del campo di Al Rakban.
Il dossier siriano continua a essere una priorità per la diplomazia internazionale. I due maggiori attori in campo sono Russia e Stati Uniti. In particolare il nuovo approccio di Washington innesca numerose domande e Mosca spera di ricevere una risposta onesta. “Quando sentiamo della nuova linea degli Stati Uniti, che implica la creazione di alcuni consigli locali in Siria, naturalmente non possiamo non sollevare le sopracciglia”, ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, “Noi rivolgiamo tutte queste domande a Washington e aspettiamo di ottenere una risposta onesta e chiara”.