Hezbollah non è una preoccupazione solo per gli Stati Uniti. Anche il popolo libanese dovrebbe essere preoccupato per come le loro azioni e il loro crescente arsenale stiano ponendo sotto una pressione non richiesta il Libano. Il coinvolgimento di Hezbollah nei conflitti regionali minaccia la sicurezza libanese e ha effetti destabilizzanti per la regione”. Lo ha detto Rex Tillerson nella conferenza stampa congiunta in Libano con il premier Saad Hariri.
Linea rispettata
Parole che sembrano coerenti con la linea americana nei confronti del movimento sciita filo-iraniano, considerato una organizzazione terroristica da Washington, le cui amministrazioni hanno sempre ribadito l'indistinguibilità tra la sua ala militare e quella politica. Meno coerenti, invece, rispetto alle sorprendenti affermazioni dello stesso Tillerson nella giornata di ieri, durante un'altra conferenza nella capitale giordana, Amman. “Sosteniamo un Libano libero e democratico, libero da influenze esterne, come quella dell'Iran su Hezbollah. Ma siamo consapevoli della realtà, e cioè che Hezbollah è parte integrante del processo politico del Paese”, aveva detto il segretario di Stato, rompendo con la tradizionale retorica americana.
Alleati di Assad
Hezbollah è uno degli alleati di ferro del regime siriano, e per questo il capo della diplomazia Usa, ha chiesto al governo libanese, di cui il movimento fa parte, di “dissociarsi dai conflitti negli altri Paesi“. Tillerson ha ricordato che da 20 anni gli Usa considerano Hezbollah un gruppo terroristico. E, ha sottolineato, il Libano paga a casa sua le “conseguenze” a causa degli interventi di Hezbollah in Iraq, Yemen e Siria, Paese, quest'ultimo, nei quali ha causato “un bagno di sangue” appoggiando il presidente Bashar al-Assad. Tillerson ha incontrato anche il presidente Michel Aoun, il collega Yebran Basil e il presidente del Parlamento, Nabih Berri.