Nuovo attentato nel sud della Thailandia, falcidiato dalla rivolta separatista della minoranza musulmana. Una bomba piazzata all’interno di una motocicletta è esplosa fuori da una scuola del distretto di Tak Bai, nella provincia di Narathiwat, uccidendo una bambina di quattro anni e un uomo, probabilmente suo padre. La deflagrazione ha coinvolto anche altri alunni e insegnanti che stavano entrando nell’istituto. Il numero delle vittime è stato confermato da un operatore sanitario, che ha parlato anche di 10 feriti, tra cui 6 civili e 4 agenti di polizia. Per ragioni di sicurezza sono stati tranciati i fili del telefono, spesso utilizzati dai terroristi per innescare gli ordigni.
Attaccati i simboli del potere
I ribelli del sud colpiscono spesso scuole e docenti, considerati simboli del potere di Bangkok sulla regione a maggioranza musulmana, annessa al regno di Thailandia oltre un secolo fa. Si tratta di una mini guerra civile che, dal 2004 a oggi, ha causato oltre 6.500 morti tra civili (la maggior parte), separatisti e forze di sicurezza. La situazione è particolarmente caotica nelle zone situate al confine con la Malesia, dove sparatorie e attentati sono quasi all’ordine del giorno.
L’obiettivo
Per proteggere la popolazione i militari e le forze di polizia accompagnano docenti e bambini nelle cosiddette “zone rosse“. “Questa bomba – ha commentato sui social media il colonnello Pramote Prom-in, portavoce dell’esercito thailandese nel sud – mira a creare disordini e a uccidere in modo indiscriminato, come dimostra la morte di una bambina di 4 anni”.
I precedenti
Nel mese di agosto due bombe hanno colpito un resort situato nella località balneare di Pattani (sempre nel sud), uccidendo una donna e ferendo almeno 30 persone, tra cui diversi turisti. Negli stessi giorni altre esplosioni, specie davanti ai posti di polizia, hanno fatto salire il bilancio a 4 vittime.
Terrorismo locale
Nessuno ha rivendicato gli attacchi, come avvenuto lo scorso anno nell’attentato al tempio Erawan di Bangkok (20 morti), ma il sospetto è che dietro questa scia di bombe si nascondano proprio i separatisti. Anche perché, nonostante l’allarme recentemente lanciato dall’intelligence russa, non ci sono prove dell’approdo in Thailandia di gruppi appartenenti al jihad internazionale, come avvenuto in Paesi vicini (Indonesia in testa).
Una reazione fiacca
Su tutto il territorio nazionale è scattata una vera e propria caccia all’uomo, volta ad individuare i responsabili di questi attacchi. Ciononostante la giunta militare, al potere dal 2014, tende a minimizzare l’espansione del conflitto armato al sud. Da parte loro le minoranze malesi musulmane hanno più volte lamentato abusi da parte dei soldati.