“Avvertiamo i sauditi di non fare nulla di stupido, perché se faranno qualcosa di stupido non lasceremo in piedi nessun luogo del regno ad eccezione di Mecca e Medina“. Così il ministro della Difesa iraniano, generale Hossein Dehqan, ha risposto alle parole del principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman Al Saud, che in un’intervista ha ipotizzato di dare battaglia sul terreno dell’Iran piuttosto che aspettare che Teheran lo faccia in Arabia Saudita.
Dehqan, alla Tv libanese al-Manar secondo quanto riportato dai media iraniani, ha rimarcato che “i sauditi pensano di poter fare qualsiasi cosa perché hanno la forza aerea“, facendo in tal senso riferimento alla campagna di bombardamento saudita in Yemen che ha finora causato la morte di oltre 12.000 persone. Il principe Mohammad bin Salman, che è anche ministro della Difesa saudita, aveva rigettato seccamente nei giorni scorsi la proposta di dialogo lanciata da Teheran affermando, in una intervista alle tv saudite, che non c’è spazio per il dialogo con l’Iran a causa della ambizioni sciite di voler controllare il mondo islamico. Mohammad aveva poi aggiunto che i sauditi non resteranno seduti ad aspettare la guerra, ma “lavoreranno in modo che diventi una battaglia sul suolo dell’Iran e non in Arabia Saudita”.
Intanto i giornali iraniani di area riformista hanno criticato in prima pagina la censura da parte della Tv pubblica iraniana a un documentario elettorale del presidente dell’Iran, Hassan Rohani. L’emittente statale ha infatti deciso di tagliare sei minuti al documentario di 30 minuti nel quale Rohani parla dei temi affrontati nei suoi quattro anni di governo, dai diritti delle donne a quelli degli studenti, ai diritti civili, ambiente, accordo nucleare, economia. Nel filmato viene inoltre evidenziato il sostegno dato a Rohani dall’ayatollah Akbar Hashemi Rafsanjani, morto nel gennaio scorso.
In alcune parti del film, però, anche la voce è stata tagliata. In particolare durante un discorso di Rohani nel quale gli studenti hanno gridato slogan a favore dell’ex presidente riformista Mohammad Khatami e dei leader del movimento verde del 2009 che contestò i risultati che avevano portato alla rielezione del conservatore Mahmoud Ahmadinejad.