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Tensione alle stelle tra Belgrado e Pristina

L'omicidio di Oliver Ivanovic gela nuovamente le già complicate relazioni tra Pristina e Belgrado. Il leader politico serbo, rispettato e riconosciuto anche dalle autorità kosovare, è stato freddato con 5 colpi di pistola nel settore nord di Kosovska Mitrovica.  

L'omicidio

Il killer incappucciato, secondo i media serbi, ha usato un'arma col silenziatore colpendo Ivanovic quando stava per entrare nella sede del suo partito “Iniziativa Civica“. Poco dopo, a breve distanza da luogo del delitto, è stata trovata un'auto data alle fiamme e senza targa, con la quale si presume l'assassino sia fuggito. “Sembra che Ivanovic sia morto sul colpo“, ha detto l'avvocato Vlajic. “Dopo l'agguato è stato immediatamente trasportato in ospedale, ma tutti i tentativi dei medici di rianimarlo sono risultati vani“. L'uccisione di Oliver Ivanovic, che da pochi mesi era stato scarcerato dopo aver trascorso quasi tre anni in carcere in Kosovo con l'accusa di crimini di guerra, da lui sempre respinta, rischia di far salire pericolosamente la tensione interetnica, peraltro sempre latente in Kosovo nei rapporti tra maggioranza albanese e minoranza serba.

Stop ai negoziati

Come prima reazione Belgrado ha ritirato la propria delegazione da Bruxelles, dove oggi era previsto un nuovo round di negoziati tecnici con i rappresentanti del Kosovo. “Torniamo immediatamente a Belgrado” ha sentenziato il capo delegazione Marko Djuric, direttore dell'Ufficio governativo serbo per le questioni del Kosovo. Djurich non ha dubbi sulla natura “terroristica e criminale” di un atto “diretto a destabilizzare la situazione in Kosovo” e che rappresenta “un attacco all'intero popolo serbo”. Lo scopo, ha aggiunto, “è di scatenare il caos e di spingere i serbi del Kosovo e l'intera Serbia nell'inferno di nuovi scontri. Ma su che cosa possiamo ancora dialogare? Chiunque stia dietro a tale assassinio, sia egli un albanese, un serbo o un qualunque altro criminale dovrà essere catturato processato e punito“.

Indagini

Pristina, da parte sua, si è subito mossa per fare giustizia. Il premier Ramush Haradinaj ha subito convocato una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale per fare luce sulla vicenda. La polizia kosovara ha, invece, offerto una ricompensa da 10 mila euro a chiunque fornirà informazioni utili alle indagini. Ma la Serbia non si fida.  “Attendiamo di vedere cosa ci dirà la polizia del Kosovo, ma se non saranno in grado di fare il loro lavoro, lo faremo sicuramente noi in Serbia”, ha detto il presidente Aleksandar Vucic ai giornalisti dopo una riunione d'emergenza del Consiglio per la sicurezza nazionale a Belgrado. Proprio per la scarsa fiducia negli inquirenti kosovari, il Consiglio di sicurezza, ha detto Vucic, ha chiesto a Eulex e Unmik (missioni Ue e Onu, ndr) che responsabili serbi partecipino alle indagini. Annunciando l'intenzione di recarsi presto in Kosovo per incontrare la comunità serba, Vucic ha lanciato un appello ai serbi del Kosovo a mantenere la calma e a dar prova di moderazione. “State sicuri che troveremo gli assassini” ha assicurato. 

Reazioni

Numerose le reazioni di sdegno e condanna da parte di altri esponenti del governo serbo a Belgrado. “E' una tragedia. Esprimiamo cordoglio ai familiari di Oliver Ivanovic. Tutto ciò non può contribuire a portare pace e sicurezza in Kosovo”, ha detto Zorana Mihajlovic, vicepremier e ministro dei trasporti e infrastrutture. La Russia, storica alleata della Serbia, ha condannato “con forza questo atto codardo: i tentativi di regolare i conti politici usando tali metodi creano un'atmosfera di terrore e rischiano di suscitare un ritorno al conflitto interetnico nella regione. Chiediamo a tutte le missioni internazionali in Kosovo di utilizzare i loro mandati per adottare misure esaustive per prevenire possibili incidenti nella regione. Ci auguriamo che le strutture appropriate conducano un'indagine approfondita su ciò che è accaduto per smascherare i responsabili e debitamente punirli“. La preoccupazione russa per una possibile escalation è la stessa dell'Unione europea. Il commissario Ue per l'Allargamento, Johannes Hahn, su Twitter ha invitato le parti a tornare al tavolo perché “non c'è alternativa al dialogo, che deve continuare il prima possibile”. Il commissario, nel condannare “fermamente” l'assassinio, ha chiesto a Belgrado e Pristina “di rimanere calmi, agire in modo responsabile e permettere alle autorità giudiziarie di indagare a fondo, e consegnare i colpevoli alla giustizia”.

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