Pechino critica il taglio del rating da AA- ad A+, con outlook stabile, stabilito da Standard & Poor’s. Secondo il ministero delle Finanze cinese si tratta di una “decisione sbagliata” che trascura “i solidi fondamentali economici della Cina e lo sviluppo potenziale”. Il focus di S&P “su crescita di credito e debito è in prevalenza frutto di vecchie discussioni. E’ un peccato che le agenzie di rating internazionali abbiano letto male l’economia cinese con vecchie mentalità ed esperienze prese dalle economie sviluppate”.
Il taglio di S&P, il primo dal 1999, nasce dal forte aumento di rischio economico e finanziario per la prolungata fase di crescita dei prestiti all’economia. Il downgrade è il secondo deciso da un’agenzia internazionale quest’anno dopo l’analoga mossa presa a maggio da Moody’s, al ribasso per la prima volta dal 1989, che provocò una reazione altrettanto piccata del ministero delle Finanze. Nonostante tutto, il ministero rilevò nell’occasione che la Cina era riuscita comunque ad assicurare la stabilità al suo sistema finanziario. Proprio la prevenzione dei rischi e la stabilità dei mercati finanziari sono stati due temi molto importanti trattati a a luglio nella National Financial Work Conference, organismo che si riunisce a porte chiuse ogni cinque anni con l’obiettivo di definire indirizzi di policy in materia finanziaria.
All’indomani del taglio del rating cinese, Hong Kong perde la tripla A scivolando ad AA+. La mossa di S&P riflette i rischi sul suo status di hub finanziario in Asia dal declassamento dei rating della Cina, di cui è un’amministrazione speciale. L’ex colonia britannica ha un outlook economico buono, riserve fiscali considerevoli e una credibile politica monetaria. Il taglio del giudizio sull’affidabilità della Cina, per l’aumento di rischio economico e finanziario con la prolungata fase di crescita dei prestiti all’economia, esercita “un impatto negativo” a causa dei “dei solidi legami istituzionali e politici” tra Pechino e Hong Kong.