Non regge la tregua in Sud Sudan, martoriato da una sanguinosa guerra civile che dura ormai da più di venti mesi. L’esercito e le milizie ribelli si sono reciprocamente accusati di essere responsabili dei combattimenti scoppiati nel nord-est del Paese malgrado la firma di un accordo di pace fra le parti che prevede l’entrata in vigore di un cessate il fuoco. Secondo fonti governative i ribelli avrebbero attaccato la località di Malakal venerdì sera e i bombardamenti sarebbero proseguiti nella mattina di sabato; le forze regolari si sarebbero attenute a una “legittima difesa”. I ribelli da parte loro hanno confermato i combattimenti in corso accusando però l’esercito di aver attaccato per primo nel tentativo di impadronirsi della zona prima dell’entrata in vigore del cessate il fuoco, la cui ora esatta non è peraltro ancora chiara.
L’accordo di pace – firmato dal presidente sudsudanese Salva Kiir nella capitale con l’ex vice presidente Riek Mechar, capo dei ribelli – prevede infatti l’osservanza di una tregua 72 ore dopo la firma del documento, avvenuta nel pomeriggio di mercoledì: mentre la mediazione dell’Unione Africana non ha fornito alcuna precisazione al di là della data del sabato, le istruzioni fornite da governo e ribelli alle proprie forze armate parlano della “mezzanotte di sabato”. In base all’accordo entro 90 giorni dovrà essere formato un governo di coalizione. ma le prospettive non sembrano purtroppo rosee.