Due giorni dopo il massacro di Lahore, la capitale culturale del Pakistan, nel quale 72 persone, fra cui molti cristiani, hanno perso la vita, le forze di sicurezza hanno iniziato ad una operazione su vasta scala volta alla repressione del terrorismo nella provincia del Punjab. Già nelle ore immediatamente seguenti l’attentato, ha ricordato oggi il ministro della Giustizia del Punjab, Rana Sanaullah, sono stati realizzati rastrellamenti notturni che hanno portato al fermo di oltre 5.000 persone, di cui oltre 200 permangono ancora a disposizione della giustizia.
Se pure non vi sono dubbi che sia imminente la risposta di corpi speciali della polizia e dell’esercito ai movimenti talebani, come il Jamaat ul Ahrar (JuA) che ha rivendicato l’attacco anti-cristiano, i media pachistani hanno riferito dell’esistenza di un certo attrito fra il governo e i militari. Questo è dovuto al fatto che il Punjab è la provincia di cui è originario il premier Nawaz Sharif, il quale, per far capire quanto la consideri importante, ha messo ai suoi vertici come governatore suo fratello, Shahbaz Sharif. Secondo gli analisti ciò implica che i vertici governativi a Islamabad e Lahore sono restii ad autorizzare operazioni di sicurezza su vasta scala in Punjab, e questo ha suscitato l’irritazione del comandante in capo dell’esercito, generale Raheel Sharif.
Questi, senza occultare il suo pensiero, ha fatto capire che l’esercito intende muoversi in questa emergenza autonomamente, senza collaborare con la polizia pachistana. Intanto da ieri sono in corso i funerali delle vittime, tra cui ci sono 29 bambini. Finora, secondo Express Tribune, dei 63 corpi custoditi nella camera mortuaria del Mayo Hospital, 58 sono stati identificati e consegnati alle famiglie. C’è da segnalare infine che per il terzo giorno consecutivo è continuato il sit-in dei fondamentalisti islamici davanti al Parlamento di Islamabad. Il governo ha formato un comitato di tre membri per interagire con i dimostranti che sono sostenitori di Muntaz Qadri, la guardia del corpo che nel 2011 ha ucciso il governatore del Punjab Salman Taseer.
In serata la situazione si era degradata al punto che il governo aveva comunicato un ultimatum di due ore per sgomberare la zona davanti al Parlamento. Ma i leader della protesta sono determinati a continuare la loro iniziativa fino a quando non saranno soddisfatte le dieci rivendicazioni presentate, fra cui la richiesta di mettere a morte tutti i condannati per blasfemia, fra cui c’è la madre cristiana Asi Bibi che attende nel carcere di Multan un ricorso alla Corte Suprema.