Più di 8 mila morti e una lunga scia di orrore che, ancora oggi, impregna l'area dei Balcani. Nessuno ha dimenticato: troppe sangue finì per scorrere quell'11 luglio 1995, quando la polveriera bosniaca visse il suo momento più tragico, quasi eguagliando il conto di morte che sarebbe stato appurato alla fine dell'assedio di Sarajevo. Con la differenza che, a Srebrenica, il tutto non avvenne in quattro anni ma in una manciata di giorni. Un genocidio, un massacro: appellativi tutti validi che, a 24 anni di distanza, restano ancora impressi nella memoria collettiva di un intero continente. L'enclave protetta di Srebrenica, ultimo baluardo dei musulmani bosniaci, era ufficialmente sotto la protezione delle Nazioni Unite: quell'11 luglio, dopo un'offensiva durata alcuni giorni, l'Esercito della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina irruppe in città, separò gli uomini da tutto il resto della popolazione inaugurando la breve stagione di sangue. Tutti scomparsi, uccisi e gettati in fosse comuni, sepolti insieme alle coscienze dell'umanità.
La marcia
Più di ottomila persone furono massacrate, quasi tutte identificate anni dopo. Seimilaseicentodieci di esse hanno un nome e riposano nel Cimitero memoriale di Potocari dove, come ogni anno, è stata svolta la commemorazione del massacro. A loro, da oggi, se ne sono aggiunte altre 33, rinvenute in alcune fosse comuni e identificate con il metodo del Dna nel corso dell'ultimo anno. Altre 33 vittime per le quali piangere per una ferita che, nonostante i 24 lunghi anni trascorsi, continua a dare dolore. Per la commemorazione sono arrivate 25-30 mila persone, in cammino per ricordare uno degli episodi più atroci del nostro secolo, un genocidio perché, come stabilito dalla Corte internazionale di giustizia nel 2007, ordito per estirpare l'etnia bosgnacca. Molte di quelle persone riunite a Potocari, sono le stesse che hanno partecipato alla Marcia della Pace da Nezuk a Srebrenica: 68 chilometri percorsi per ricordare l'orrore del massacro e meditare sul buio delle coscienze umane. Per la strage bosniaca e per altri crimini di guerra, i giudici de L'Aja hanno comminato l'ergastolo all'ex presidente della Srpska, Radovan Karadzic, catturato nel 2008 dopo oltre dieci anni di latitanza e condannato nel marzo scorso.