A quasi nove mesi dalle elezioni dello scorso dicembre, resta ancora in stallo la situazione politica spagnola. Nonostante i vari tentativi di creare un nuovo governo, tra ipotesi di coalizioni e alleanze mai andate in porto, il Paese si ritrova di nuovo al punto di partenza.
Nella giornata di ieri, il premier designato, il conservatore Mariano Rajoy, si è visto negare il voto di fiducia, fatto che fa pensare che la terza tornata di elezioni anticipate in un anno siano sempre più vicine. Come previsto e annunciato nei due giorni di dibattito che hanno preceduto il primo voto di “investitura”, infatti, i socialisti di Pedro Sanchez hanno tenuto fermo nel loro proposito di non dare alcun aiuto politico al Partito popolare (Pp), che nelle elezioni di giugno dopo quelle di dicembre 2015 ha ottenuto di nuovo una maggioranza relativa, con 137 deputati su 350. Maggioranza che Rajoy, visto dall’opposizione come l’uomo dell’odiosa austerità, dei tagli a sanità e scuola, dell’altissima disoccupazione nonché leader di un partito che ha dato prova di corruzione, non riesce a giocarsi, salvo l’alleanza, insufficiente, con il partito centrista Ciudadanos.
“Continuerò nella battaglia”, ha annunciato Rajoy uscendo dal Congresso dei deputati. Ora dovrà ripetere un secondo tentativo, sempre nella stessa sede, il prossimo venerdì 2 settembre: in questa votazione per la fiducia, al premier conservatore basterà raggiungere la maggioranza semplice, ossia 176 deputati.
Se la situazione non si sblocca, molto probabilmente si tornerà a votare. Infatti, la Costituzione spagnola prevede, dalla prima votazione, due mesi di tempo per trovare un governo. In caso di fallimento si sciolgono le Cortes e gli spagnoli saranno di nuovo chiamati alle urne. E, quasi assurdo ma vero, c’è già il giorno in cui si terrà la terza tornata di elezioni anticipate: il 25 dicembre.