Il Senato del South Carolina ha approvato con voto a stragrande maggioranza la rimozione della bandiera Confederata dal Parlamento locale. Il provvedimento, promosso dal governatore repubblicano Nikki Haley dopo il massacro di Charleston, è passato in seconda lettura nella notte con 37 voti favorevoli e 3 contrari al termine di un dibattito serrato. Molti senatori, riferisce la stampa americana, hanno dichiarato di essere stati ispirati dal perdono concesso dai parenti delle vittime al giovane che il 17 giugno ha aperto il fuoco in una chiesa frequentata da afroamericani, uccidendo nove persone. “Se loro hanno potuto fare un gesto di pace in queste terribili circostanze… penso di poterlo fare anche io con una bandiera” ha spiegato il repubblicano Chip Campsen. Il suo collega Larry Martin, bianco e repubblicano, ha invitato la gente della Carolina del Sud a essere “onesta con sè stessa”. “La bandiera confederata – ha detto – è stata issata sul Campidoglio nel 1960 per segnare il centenario della guerra di Secessione, ma è rimasta come segno di resistenza al movimento dei diritti civili. Ricordo cosa dicevano allora gli adulti dell’integrazione a scuola – ha aggiunto – Non era bello. Oggi sono cose irripetibili”.
Dopo il Senato, ora dovrà pronunciarsi anche la Camera dei rappresentanti locali. Ma ormai è certo che la terribile sparatoria di Charleston, in cui è rimasto ucciso anche un senatore afroamericano locale, il democratico Clementa Pickney, ha costretto i bianchi della Carolina del Sud a ripensare al valore di simboli come la bandiera Confederata. Dopo che l’autore della strage, il suprematista bianco Dylann Storm Roof ha postato la sua immagine accanto al vessillo degli stati sudisti, è diventato impossibile nascondersi dietro la scusa del valore storico, ignorando che per gli afroamericani quello è un simbolo di oppressione. Quella bandiera “non è parte del nostro futuro, è parte del nostro passato”, ha sintetizzato Martin.