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Soldati russi in Venezuela: ecco perché

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Le circostanze riportate da Caracas dai media internazionali negli ultimi giorni lasciano spazio a pochi dubbi: i movimenti tra il contestato governo di Maduro e la Russia sono più che mai attivi.

Militari sul terreno

L’instabilità della situazione politica venezuelana si arricchisce di nuovi dettagli che preoccupano non poco gli Stati Uniti e l’Europa, decisi nell’appoggiare l’autoproclamato presidente Juan Guaidò ma ancora visibilmente incerti nei tempi e nei modi. Sia Mosca che Caracas hanno confermato quanto riportato da diversi portali di intelligence sui social: pochi giorni fa sono atterrati all’aeroporto Maiquetià due velivoli dell’esercito russo, un cargo Antonov 124 e un Ilyushin 62 partiti dalla Siria, trasportanti un centinaio di uomini comandati dal generale Vassilij Tonkoškurov e circa 35 tonnellate di equipaggiamento. Il contenuto dei containers trasportati è ancora sconosciuto. Ambedue i Paesi hanno commentato la circostanza facendo riferimento all’adempimento di vecchi contratti di cooperazione in campo militare stipulati già all’epoca di Hugo Chavez. Le fonti più vicine al Cremlino parlano di normale cooperazione, dissipando qualsiasi ragionevole dubbio in merito alla questione: Mosca non ha inviato il suo personale militare né per inserirsi nella situazione politica venezuelana attuale né in relazione allo scontro Maduro-Guaidò. C’è da crederci? Solo in parte.

L'aspetto economico…

Sia la Russia che la Cina non hanno avuto dubbi nel difendere nettamente le posizioni di Maduro nel delicato contesto venezuelano. Di fronte alle pressioni di Washington, sia Mosca che Pechino si sono celermente mobilitate facendo blocco per tutelare lo stato di diritto a Caracas. I motivi non sono riconoscibili solo nelle esigenze geostrategiche dei due Paesi, bensì nella loro posizione di creditori nei confronti del Venezuela, la quale, è bene ricordarlo, risulta essere uno dei Paesi con più riserve petrolifere al mondo. Proprio gli accordi stipulati con i colossi di Stato russi e cinesi hanno consentito all’economia venezuelana di reggere il forte colpo delle sanzioni internazionali. Nello specifico, secondo quanto riportato dal quotidiano Gazeta.ru, la Russia avrebbe più interessi in Venezuela che in Siria, considerando l’investimento complessivo di 17 miliardi di dollari nell’economia di Caracas. Particolarmente attiva sul mercato venezuelano la Rosneft di Igor Sečin, altro imprenditore appartenente all’entourage di Putin che sta difendendo spesso e volentieri gli interessi di Mosca agendo da “broker” petrolifero. Caracas dovrebbe alla sola Rosneft circa 6 miliardi di dollari. A provare quanto i rapporti finanziari russo-venezuelani siano avviati lungo la stessa direzione, la recente creazione del fondo “Evrofinans Mosnarbank” (sotto sanzioni Usa), tramite il quale GazpromBank ha acquisito i fondi della Pdvsa, il marchio petrolifero venezuelano, prima che questi potessero essere in qualche mondo intaccati dalle sanzioni finanziarie americane. La Cina riveste addirittura una situazione creditoria addirittura migliore: dal 2008 Pechino ha concesso a Caracas circa 70 miliardi di dollari, facendo della Cina il più grande creditore della zona latino-americana. Si capisce che un qualsiasi tipo di regime-change rappresenterebbe uno scenario da scongiurare fortemente, proprio in relazione ai crediti accumulati alle spese di Caracas.

…e quello militare

Da anni la voce della possibile apertura di una base militare russa in Venezuela si fa sempre più insistente, mentre i sistemi missilistici e vario materiale tecnico di Mosca, secondo quanto trapelato dagli ambienti, sono già presenti sul suolo venezuelano. In relazione all’atterraggio dei due velivoli russi, Reuters ha riportato che, secondo fonti interne all’esercito Usa, tra il personale russo atterrato a Caracas ci sarebbero diversi tecnici informatici ed esperti di cyber-security. È difficile immaginare, in tutta onestà, che Mosca si stia preparando a difendere Maduro in ipotetici scenari di guerriglia urbana fomentati dall’Occidente inviando solo una manciata di uomini, peraltro non tutti operativi sul campo. Un’altra circostanza passata quasi inosservata può dirci qualcosa in più: l’incendio appiccato al “El Helicoide”, palazzo sede del Servizio di Sicurezza venezuelano a Caracas, dove dai piani più bassi dell’edificio è divampato un denso fumo nero nella giornata di giovedì. Le autorità locali non hanno rilasciato dichiarazioni in merito, ma l’ipotesi più accreditata rimane quella della distruzione di prove ed archivi. C’è da chiedersi, a questo punto, quali tipi di informazioni siano venuti a tutelare o a cancellare gli esperti di Mosca.

 

Giannicola Saldutti: