In rapida crescita il numero dei cittadini siriani che decidono di fare ritorno nelle proprie case: nei primi sei mesi di quest’anno, sono stati più di 470mila. Lo afferma l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr).
Sfollati interni e profughi
In una nota, l’Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati evidenzia “un’importante tendenza al rientro spontaneo verso e dentro la Siria nel 2017”. Nello specifico, circa 440mila sfollati “interni” sono rientrati nelle proprie abitazioni dopo essersi spostarsi in aree del Paese meno rischiose e meno esposte alla guerra che da oltre 5 ani attanaglia il Paese di Assad. Ma la decisione di tornare all’origine riguarda anche 31mila profughi che si erano spostati all’estero, nella maggior parte dei casi in Turchia, ma anche in altri Paesi vicini. La cifra porta a 260mila il numero dei rifugiati rientrati in Siria dal 2015 a oggi.
Miglioramento delle condizioni di sicurezza
Le città che si stanno lentamente ripopolando sono quelle maggiormente colpite dal conflitto: Aleppo, Homs e Damasco. I profughi, scrive l’Unhcr, “sono motivati soprattutto dalla volontà di cercare familiari e verificare lo stato delle loro proprietà. In certi casi – spiega il portavoce Andrej Mahecic – il loro ritorno è legato a un miglioramento reale o percepito delle condizioni di sicurezza in certe regioni del Paese”.
Rischi significativi
L’Unhcr non nasconde i “rischi significativi”. Ai rifugiati non sono assicurate infatti “condizioni di sicurezza e dignità”: mancano ancora cibo e acqua, l’assistenza sanitaria è “sporadica o inesistente” e spesso sono assenti anche i servizi di base. Le scuole danneggiate e distrutte “non offrono alcuna possibilità di istruzione”. “I miglioramenti della sicurezza in molte aree – spiega l’Alto Commissariato – sono incerti”. Ma la gestione dei ritorni è per il Paese “una sfida fondamentale”, conclude l’Unhcr.