Cala il gelo tra Londra e Mosca, dopo che Putin – prendendo le distanze dall’amministrazione Trump – aveva definito la scelta di silurare la base di Idlib in Siria “un attacco a uno Stato sovrano”. Oggi, l’ambasciata britannica a Mosca ha annunciato la cancellazione della visita del ministro degli Esteri della Gran Bretagna, Boris Johnson, che era prevista per il prossimo 10 aprile.
“Gli sviluppi in Siria – ha spiegato Johnson in un comunicato diffuso dal Foreign Office – hanno cambiato le situazione in modo fondamentale: la mia priorità è ora lavorare con i partner del G7 e costruire consenso per una tregua sul terreno e un’intensificazione del processo politico”. Insomma, il divorzio tra Putin e Trump ha prodotto i suoi frutti: il mondo torna a spaccarsi tra le due superpotenze.
Il Cremlino non ci sta: il ministero degli Esteri russo ha infatti definito “assurda” la posizione di Johnson: “La cancellazione della visita di Johnson a Mosca arriva dopo che essa era già stata riprogrammata. Le ragioni addotte dal lato britannico sono divergenti”. “Abbiamo l’impressione – ha aggiunto Maria Zakharova, citata dai media russi – che i nostri alleati occidentali stiano vivendo in una loro realtà, in cui tentano unilateralmente di costruire piani collettivi e poi unilateralmente li cambiano, adducendo pretesti assurdi”.
Intanto, si riformano i vecchi schieramenti da “cortina di ferro”. Hassan Rohani, presidente dell’Iran – Nazione “amica” della Russia e della Siria di Assad – ha chiesto a gran voce l’istituzione di una commissione d’inchiesta internazionale “per chiarire cosa c’è dietro il recente attacco degli Stati Uniti contro la Siria e la verità sull’uso e la provenienza delle armi chimiche usate come pretesto”. “La commissione d’inchiesta – ha spiegato Rohani – non dovrebbe includere persone sleali e gli Stati Uniti non dovrebbero dirigerla” e “la questione dell’uso di armi chimiche in Siria dovrebbe essere esaminata da Paesi neutrali”.