C'è una prima base numerica sulle conseguenze dell'offensiva di Ankara sui civili siriani: 275 mila sfollati dall'inizio del conflitto, nonostante l'avanzata turca abbia per ora toccato solo parte delle città disposte lungo il confine. Fonte di Pace, com'è stata denominata l'operazione dell'esercito di Erdogan, ha provocato la rottura delle linee di delimitazione del Rojave curdo, costringendo i miliziani a ripiegare verso il centro del Paese, nelle stesse zone dove stanno convergendo le forze di Damasco (già in controllo della strategica località di Manbij), teoricamente in appoggio alle forze curde ma, in pratica, un'ennesima variabile di difficile inquadramento nello scacchiere siriano. Quel che appare certo è che, al netto delle minacce di sanzioni da parte degli americani e lo stop all'export di armi deciso dall'Italia (e ora anche dalla Gran Bretagna), Erdogan non sembra avere la minima intenzione di tirare il freno, incoraggiando anzi la Comunità internazionale a “sostenere gli sforzi del nostro Paese o cominciare ad accettare i rifugiati”. Un modo per ribadire in modo implicito il chiaro avvertimento di alcuni giorni fa.
Le reazioni
La condanna contro la Turchia arriva in modo pressoché unanime. Per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, Ankara “è la sola responsabile dell'escalation” e “deve sospendere immediatamente le operazioni militari. Stessi toni per Dominic Raab, ministro degli Esteri del Regno Unito, che annuncia la sospensione delle licenze per fornire alla Turchia “equipaggiamenti che possano essere usati in operazioni militari in Siria”, bollando l'iniziativa di Erdogan come “un'azione sconsiderata e controproducente, che dà forza alla Russia e al regime di Assad”. Mosca che, attraverso l'inviato speciale in Siria, Alexander Lavrentyev, ha stigmatizzato l'operazione turca definendola “inaccettabile”, per poi sostenere che la Russia “non permetterà che Turchia e Siria si scontrino“. Parole che risuonano particolarmente di peso, considerando Mosca uno dei veri attori di rilevanza pratica all'interno del teatro turco-siriano. Erdogan non considera tali gli Stati Uniti, che pure hanno dato il là alle prime sazioni contro la Turchia, indirizzate verso tre ministri in carica come Hulusi Akar (Difesa), Suleyman Soylu (Interno) e Fatih Donmez (Energia). Nelle stesse ore in cui le forze di Assad hanno messo sotto controllo l'enclave curda di Manbij.