Non si ferma la scia di violenze in Siria. Da ieri la città di Quneitra, sulle alture del Golan, è teatro di pesanti scontri tra l’esercito siriano e le milizie islamiche del Fronte al Nusra, che tiene ancora prigionieri i 43 osservatori dell’Onu provenienti dalle Isole Fiji. I combattimenti sono cruenti tanto che l’Osservatorio siriano per i diritti umani non esclude feriti gravi per entrambi le fazioni. La crisi del Golan è scoppiata una settimana fa, da quando i ribelli siriani sono entrati nelle città che restano all’interno della fascia di sicurezza che divide la Siria da Israele e che è da anni controllata dall’organizzazione delle Nazioni Unite. Sono ore concitate anche per il governo delle Fiji che sta cercando una mediazione per ottenere la liberazione dei soldati. Il gruppo jihadista sostiene di aver compiuto il sequestro per punire l’Onu perché continua a sostenere il regime di Assad. Il gruppo, secondo fonti locali, sarebbe pronto a rilasciare i soldati in cambio di aiuti umanitari da portare nelle aree assediate dalle forze governative a Damasco. Tra le condizioni dettate per il rilascio, i miliziani che combattono contro il regime di Bashar al-Assad chiedono di uscire dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche delle Nazioni Unite e pretendono risarcimenti economici per i combattenti rimasti feriti negli scontri degli ultimi giorni. Uno stato dei fatti che rende ancor più complicata la situazione a livello diplomatico. D’altra parte, la zona del Golan è stata da sempre considerata ad alto rischio. I caschi blu sono presenti sul posto e presidiano notte e giorno le alture da quarant’anni. Da quando, nel 1974, Siria e Israele firmarono un armistizio, dopo una lunga e sanguinosa contesa per il controllo di alcune terre. Così è partita sul campo la missione dell’Onu, denominata Undof, in cui erano inquadrati i 43 soldati fatti prigionieri che avevano l’obiettivo di controllare la zona demilitarizzata.
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