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Si aggrava la crisi di governo

La leadership diĀ Malcolm Turnbull, attuale primo ministro australiano, continua ad essere messa in discussione all'interno del suo partito. Nel Liberal Party, infatti, si ĆØ aperta in queste ore una nuova crepa con la petizione lanciata dai sostenitori di Peter Dutton, candidato sconfitto la scorsa settimana nella competizione interna. La sconfitta non ĆØ andata giĆ¹ ad una frangia importante del partito liberale convinta che Turnbull non siaĀ abbastanza popolare. Lo scarso appeal del premier potrebbe portare i liberaliĀ a perdere le elezioni contro Bill Shorten, leader dei laburisti.

Lo sfidante

Peter Dutton viene identificato come l'uomo della tolleranza zero sull'immigrazione. Dopo la sconfitta nella sfida interna, ha espresso comunque fedeltĆ  al governo guidato dal suo rivale: “Il primo ministro ha il mio sostegno e sostengo le politiche del governo. La mia posizione non ĆØ cambiata”. I sostenitori di Dutton si sono perĆ² convinti nelle ultime ore di poter avere i numeri per rovesciare Turnbull e portare il loro candidato alla guida dei liberali. Il quotidiano “The Canberra Times” ha dato notizia poco fa dell'esistenza di una petizione presentata da una parte dei parlamentari del “Liberal Party” durante la notte scorsa per chiedere a Turnbull una nuova resa dei conti. Per sfiduciare il primo ministro come leader del partito, perĆ², ci sarĆ  bisogno del voto di almeno 43 parlamentari sugli 84 eletti.

Le dimissioni

La vittoria di Turnbull nella precedente sfida interna, secondo i sostenitori di Dutton, sarebbe stata facilitata dalla convocazione d'urgenza che ha impedito a diversi deputati di partecipare al voto. Il risultato ha portato alle dimissioni di Dutton dal governo, nel quale rivestiva il ruolo di ministro per l'immigrazione e la protezione dei confini. Queste dimissioni sono arrivate insieme a quelle di altri 9 ministri, ma Turnbull ne ha accettate finora solo 2. Al premier, oltre alla scarsa popolaritĆ  che potrebbe essere fatale in vista delle elezioni generali di maggio prossimo, viene contestata la politica energetica adottata con laĀ decisione di abbandonare gli accordi di Parigi sull'emissione di carbonio.

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