Non si era mai sentita l’America tuonare contro Israele: accade oggi dopo la grave rottura del protocollo da parte di Netanyahu. La casa bianca è furiosa con il primo ministro israeliano che andrà a parlare al congresso americano della minaccia iraniana senza averlo concordato con Barak. “È una rottura del protocollo che potrebbe avere conseguenze a lungo termine” affermano alti funzionari statunitensi citati dal Washington Post. Obama risponde a tono alle provocazioni: non incontrerà il Premier nella sua visita negli Usa
Anche il Segretario di Stato John Kerry ha fatto sapere che non incontrerà Netanyahu. Fonti del dipartimento di stato fanno inoltre notare che proprio Kerry avrebbe parlato martedì con l’ambasciatore israeliano e quest’ultimo non ha affatto accennato all’invito esteso al premier israeliano da parte del repubblicano John Bohner. “La pazienza del segretario di Stato non è infinita”, nota una fonte vicina a Kerry “I giochetti politici come questo possono minare l’entusiasmo di Kerry come difensore d’Israele”.
È noto che Omama e Bibi, soprannome di Netanyahu, non si sono mai amati. Inoltre, lo scorso 12 gennaio Obama aveva chiesto esplicitamente al premier di smetterla di incoraggiare deputati e senatori americani a votare nuove sanzioni contro l’Iran. Il presidente è convinto che una simile legge si tradurrebbe in un boicottaggio dei negoziati in corsi sul programma nucleare di Teheran e ha avvertito Netanyahu che è pronto a fermarla con un veto.
Non sarebbe comunque questa rottura di protocollo ad aver fatto rifiutare l’incontro da Obama, nemmeno i “giochetti politici” mal visti da Kerry, bensì la vicinanza delle elezioni in Israele” previste il 17 marzo ha motivato la Casa bianca. È infatti pratica abituale del Presidente Usa non incontrare capo di Stato o candidati in previsione di elezioni “per non influenzare un’elezione democratica in uno stato straniero”, spiega Bernadette Meehan, portavoce del Consiglio di sicurezza statunitense, lasciando così intendere una visita interessata di Netanyahu per motivi elettorali. Potrebbe confermare questo sospetto la volontà di spostare il proprio discorso al 3 marzo, in conincidenza con la conferenza dell’Aipac, maggiore associazione ebraica americana, alla quale Bibi intende partecipare.