Io resto e Haftar sul voto rispetti i patti, no ad elezioni senza regole”. Lo ha detto il premier del governo libico di unità nazionale, Fayez al Serraj, in un'intervista al Corriere della Sera.
Il ruolo dell'Italia
Serraj non è preoccupato da un possibile riposizionamento dell'Italia – cioè un maggiore sostegno ad Haftar – dopo il vertice di Bengasi tra il leader di Tobruk e il ministro Moavero Milanesi. “Solo un minuto fa ho concluso una lunga conversazione telefonica con Moavero – ha spiegato -. Mi ha raccontato nel dettaglio del colloquio con Haftar. Siamo stati concordi nel ribadire che dobbiamo lavorare uniti, ma nulla vieta questi incontri bilaterali. Con Haftar siamo fermi ai risultati raggiunti alla conferenza di Parigi a fine maggio. E su quella base occorre preparare la conferenza prevista in Italia a novembre. Ma va pensata bene: inutile incontrarsi senza risultati. Alcuni Paesi armano le milizie e sfruttano il nostro caos a loro beneficio, sarebbe controproducente. E occorre che la comunità internazionale si organizzi. Francia e Italia devono risolvere le loro dispute bilaterali riguardo alla Libia. Qui la situazione è già gravissima, inutile gettare altra benzina sul fuoco”.
Voto difficile
La road map di Parigi prevede le elezioni a metà dicembre. Prima, però, occorre “votare il documento costituzionale che è pronto, ma non approvato. Purtroppo il parlamento di Tobruk non lo ha ancora esaminato. Senza Costituzione come si può andare al voto nazionale. E comunque prima di votare occorre che il Paese sia sicuro. Non si può votare con l'instabilità nelle strade. Infine è,necessario che tutti accettino il risultato delle urne. Servono regole condivise“. Serraj ha poi smentito la voce di possibili dimissioni nell'immediatofuturo.
“Io con i miei collaboratori siamo costantemente oggetto di accuse, informazioni false e offese – ha evidenziato -. Ci sono forze che le diffondono”