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Scozia e Nord Irlanda, avanza il fronte separatista

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Stavolta sembra davvero fare sul serio la Scozia, dove il fronte indipendentista e anti-Brexit guidato dallo Scottish National Party ha riaperto forse la linea di frattura più pericolosa per la politica britannica, affidata con larghi numeri alle mani dei Tory e di Boris Johnson. Uno che al di là del Vallo è tutt'altro che popolare, in un Paese che alla Brexit aveva preferito il Remain e che, visto l'andazzo politico britannico che non ha tenuto conto della loro opinione (e della loro volontà di restare in un Regno Unito europeo), ha improvvisamente riacceso il proprio orgoglio nazionale. In sostanza, qualora si procedesse con un nuovo referendum, non è affatto sicuro che gli scozzesi decidano di restare in un Paese fuori dall'Europa, tanto più dopo aver confermato a suon di voti la fiducia allo Snp della premier Nicola Sturgeon, partito di idee indipendentiste ma anche filoeuropeo. Una questione da non sottovalutare, anche in virtù delle parole battagliere della leader all'indomani del voto che ha confermato il suo partito come terzo in assoluto in Gran Bretagna: “Vogliono che la Scozia possa determinare il suo futuro e non debba sopportare un Governo conservatore per il quale non ha votato e non debba accettare di vivere fuori dall'Unione Europea”.

Questione di democrazia

Del resto, il cambiamento della linea pro Uk della Scozia era evidente già da qualche mese. Il tira e molla sulla Brexit, di cui non si parlava nel 2014, all'epoca dell'IndyRef, si è tradotto in una deriva sempre più nazionalista in Scozia, tanto che lo Scottish National Party ha basato la sua ultima campagna elettorale proprio sui temi dell'indipendenza e della permanenza in Europa. Il risultato è stato un'incetta di seggi, addirittura 48 su 59, incrementando notevolmente quelli ottenuti nel 2017 e lasciando ai Tory praticamente una parte irrilevante del Parlamento. Difficile che, in piena fase di uscita dall'Ue, Johnson possa concedere l'ok al nuovo referendum (che necessita comunque dell'ok di Londra) ma, da qui ai prossimi mesi, di sicuro l'argomento andrà prima o poi affrontato, sostanzialmente per due ragioni: innanzitutto per non ignorare una richiesta democratica, valida tanto quanto lo fu quella all'Europa per la Brexit; e poi per non ritrovarsi una lotta politica intestina in un Paese che gli ha confermato nettamente la fiducia.

L'avanzata cattolica in Nord Irlanda

Un trend nazionalista che, dati alla mano, si è confermato anche in Irlanda del Nord, dove gli unionisti del Dup (che appoggiarono il governo May nel 2017 consentendogli la maggioranza) sono stati scavalcati dai cattolici, favorevoli alla riunificazione delle due Irlande piuttosto che alla permanenza di Belfast nel Regno Unito. Un ulteriore fronte caldo di cui tenere conto. Tanto per far capire come la partita con Bruxelles per la Brexit sia destinata ad andare via via in secondo piano.

Damiano Mattana: