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Scontri nelle regioni anglofone, la polizia spara sulla folla

Diverse persone sono morte nelle manifestazioni andate in scena nelle regioni anglofone del Camerun, dove la popolazione è scesa in piazza per chiedere l’indipendenza dal resto del Paese. A Kumbo, ha riferito il sindaco Donatus Njong Fonyuy, cinque detenuti sono morti carbonizzati nell’incendio di un carcere. “Non sappiamo cosa abbia provocato il rogo – ha spiegato il primo cittadino alla Reuters – 5 detenuti sono stati uccisi dalla polizia, altri due sono rimasti feriti e si trovano in ospedale”.

Sempre a Kumbo i militari hanno sparato contro la folla, provocando la morte di un dimostrante che aveva issato la bandiera blu e bianca del movimento separatista “Ambazonia“. Una donna, ha aggiunto Fonyuy, è stata invece uccisa all’interno della sua abitazione. I dirigenti delle forze dell’ordine, sentiti dalla stessa Reuters, non hanno voluto fornire spiegazioni su questi eventi. In precedenza una fonte della polizia, che ha chiesto di restare anonima, aveva detto: “Non usiamo la violenza, salvo sia assolutamente necessario. In questa vicenda ci sono numerosi rischi, compresi quelli legati a possibili attacchi terroristici. Stiamo cercando di mantenere la calma”.

Su Facebook il presidente Paul Biya ha condannato le violenze: “Voglio essere molto chiaro: in Camerun non è proibito manifestare e far sentire la propria voce, ma nessun grande obiettivo può essere raggiunto ricorrendo alla violenza di strada, agli insulti e sfidando le autorità”.

Il Camerun, ex colonia tedesca, dopo la prima guerra mondiale venne diviso tra Francia e Inghilterra. Il 1º gennaio 1960 il Camerun francese ottenne l’indipendenza dalla Francia sotto la guida del presidente Ahmadou Ahidjo, e il 1º ottobre 1961 l’ex Camerun britannico si unì con il suo vicino a formare la Repubblica federale del Camerun. La popolazione anglofona vive, tuttavia, in uno stato di emarginazione e da tempo invoca la secessione. Nell’ultimo anno la situazione si è aggravata. Nel mirino dei manifestanti c’è soprattutto Biya, alla guida del Paese da 35 anni.

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