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Sangue sul voto in Venezuela, guerra di numeri sull’affluenza

Affluenza al 41,53% nelle elezioni dell’Assemblea costituente venezuelana volute dal presidente Nicolas Maduro per legittimare agli occhi della comunità internazionale la riforma della Stato che gli consentirebbe di soffocare definitivamente le opposizioni. Il dato è stato diffuso in conferenza stampa dalla presidente del Consiglio nazionale elettorale (Cne) venezuelano, Tibisay Lucena. “Il tasso di partecipazione è stato alto e sorprendente, con il 41,53% (poco più di 8 milioni di aventi diritto ndr) degli elettori del Venezuela che ha votato” ha detto. Tale percentuale continua però a essere contestata dal fronte anti-Maduro, secondo cui a recarsi alle urne sarebbero state 2,48 milioni di persone, con un astensionismo che avrebbe toccato l’87%.

Risultati non riconosciuti

Si allunga, intanto, la lista dei Paesi che non riconosceranno l’esito del voto. A Perù, Argentina e Colombia si aggiunge anche il Messico. Secondo il governo dello Stato centroamericano le elezioni venezuelane  sono “contrarie ai principi democratici riconosciuti universalmente”. In un breve comunicato, il ministero degli Esteri di Città del Messico ha sottolineato che queste elezioni “non rispettano la Costituzione e aggravano la crisi che attraversa il Paese”. “Andare avanti con la Costituente significa continuare con il conflitto, quando è giunto il momento di privilegiare il dialogo e la riconciliazione”, prosegue la nota, invitando governo ed opposizione a Caracas perché si impegnino in “un dialogo genuino e con garanzie” per “ristabilire l’ordine costituzionale”. Anche il Cile ha definito “illegittime” le elezioni, svoltesi “senza le minime garanzie per un voto universale e democratico” e violando “i requisiti stabiliti dalla stessa Costituzione del Paese”. Pur senza annunciare un disconoscimento del voto, il governo di Michelle Bachelet ha sottolineato che la Costituente convocata da Nicolas Maduro “servirà solo per approfondire ancora di più la divisione nella società venezuelana”. Le elezioni e “la eventuale istallazione dell’Assemblea costituente non risolvono nessuno dei problemi e delle sfide politiche, economiche e sociali che affronta la società venezuelana, a partire dalla più urgente, che è provvedere un sollievo per la crisi umanitaria” in Venezuela. Gli Stati Uniti sono tornati a condannare la violenza messa in atto dal governo di Maduro. Il Dipartimento di Stato si è schierato con la popolazione venezuelana alla “ricerca della piena democrazia” e si impegna ad assumere “forti azioni contro gli architetti dell’autoritarismo” in Venezuela.

Violenza e morti

La consultazione si è svolta in un clima di violenza e non sono mancate le vittime. Dieci persone sono state uccise nelle ultime 24 ore e la protesta si è estesa in tutto il Paese con momenti di vera e propria guerriglia urbana. Dalla notte di sabato si sono moltiplicate le manifestazioni contro la Costituente – respinta come antidemocratica dall’opposizione – in zone intere della metropoli di Caracas ma anche in vari altre regioni, come gli stati di Merida e Tachira, nell’ovest del Paese. E’ a Merida, infatti, che si è registrato il maggior numero di vittime: 5 manifestanti sono morti mentre protestavano nei pressi di seggi elettorali. Tutti sono stati uccisi da spari di arma da fuoco, e in almeno due casi è stata segnalata la presenza di gruppi di “colectivos“, le milizie armate del chavismo. Anche un candidato alla Costituente è morto: José Feliz Pineda, noto militante chavista, è stato ucciso da un gruppo di persone entrate nella sua casa di Ciudad Bolivar, capitale dello stato di Bolivar. A Caracas e in varie altre città il clima è stato quello di vera e propria guerriglia urbana, con scontri costanti fra forze dell’ordine e manifestanti che tentavano di concentrarsi per i cortei di protesta. Immagini violente sono rimbalzate sui siti e i social network: almeno due agenti della Guardia Nazionale feriti da una bomba incendiaria ad Altamira, cecchini dell’esercito che sparano sui manifestanti a Tachira, battaglie di strada intorno a barricate in vari punti del paese. Numerose anche le segnalazioni di azioni contro i giornalisti che hanno cercato di informare sulla situazione: un presentatore di un canale tv privato è stato arrestato mentre si recava a lavorare, una fotografa del quotidiano El Pais è stata picchiata e derubata e un gruppo di cronisti ha diffuso un video nel quale si vede un agente che ordina ai giornalisti di allontanarsi “oppure vi spacchiamo tutto il materiale“.

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