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Sangue in Nicaragua

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Sempre più grave la situazione in Nicaragua. Non si placano le violenze dei militari di cui la comunità cattolica è diventata uno dei bersagli prescelti. Dal paese dell'America centrale continuano ad arrivare fotografie e video di chiese assaltate con tabernacoli scoperchiati e ostie sparse sui pavimenti. Un'escalation violenta che sembra destinata a non trovare tregua nell'immediato futuro: ancora oggi, in occasione della cerimonia per il trentanovesimo anniversario della vittoria rivoluzionaria, il presidente Daniel Ortega ha accusato la Conferenza Episcopale nazionale di “manovre golpiste contro il governo”, definendo i suoi rappresentanti dei “satanisti”.

Le cause

Il governo sandinista vive da più di tre mesi una pesante crisi politica a cui sta reagendo col pugno duro della repressione. Dall'inizio delle manifestazioni e rivolte di piazza contro un presidente al potere da oltre un decennio sono ormai 260 i morti provocati dalla reazione della polizia. Molti di essi erano giovani under 30, spesso studenti. Il “casus belli” è stata la nuova riforma delle pensioni, prima annunciata poi ritirata dal governo sandinista e che prevedeva un taglio del 5% sulle minime. L'opposizione al nuovo sistema di previdenza sociale si è ben presto trasformata in una protesta più generalizzata contro l'autoritarismo del regime di Ortega. 

Da mediatori a “satanisti”

Le piazze antigovernative sempre più piene hanno spinto i sandinisti a cercare di far rientrare la frattura con il paese rivolgendosi ai vescovi per avere da loro la disponibilità a svolgere un ruolo di mediazione con la popolazione. La chiesa nicaraguense non ha rinunciato a condannare fermamente l'atteggiamento risoluto dell'esecutivo nei confronti dei manifestanti, attirandosi i sospetti della polizia e dei paramilitari. I vescovi non hanno esitato a schierarsi apertamente contro le violenze del governo e sono scesi in piazza in favore della pace, invocando lo “stop” dei massacri in corso. In più di un'occasione i presuli hanno fatto da “scudi umani” per difendere manifestanti braccati dagli squadroni della morte. Undici giorni fa, nella città di Diriamba, i paramilitari sono arrivati ad aggredire il nunzio apostolico, mons. Waldemar Stanisaw Sommertag, il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua ed il suo ausiliare, mons. José Silvio Baez, rei di aver difeso alcuni studenti che si erano barricati in una chiesa del posto per sfuggire alle rappresaglie. La posizione della chiesa nicaraguense contro l'atteggiamento assunto dall'esecutivo ha esasperato i toni del regime sandinista contro i vescovi. In questo clima è maturata oggi l'accusa di essere “golpisti” e “satanisti” mossa dal presidente Ortega alla Conferenza Episcopale.

La solidarietà

Papa Francesco segue attentamente quanto sta avvenendo nel paese centroamericano ed ha voluto esprimere la sua solidarietà ai vescovi locali dicendosi vicino al “loro dolore per le violenze compiute da gruppi armati.” Oltre all'attestato di stima del Santo Padre è arrivato anche il sostegno dei vescovi europei e di quelli latinoamericani. Fedeli di tutte le regioni del mondo hanno deciso di unirsi al mese di intercessione e preghiere indetto dalla coraggiosa Conferenza Episcopale nicaraguense per fronteggiare l'aggravarsi della situazione interna. La presa di posizione di vescovi, sacerdoti e religiose nel paese sta suscitando la reazione violenta dei sostenitori di Ortega che non si fermano più nemmeno davanti ai luoghi di culto della comunità cattolica. 

Nico Spuntoni: