Torna a parlare l'Arabia Saudita e lo fa dal palchetto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite per voce del ministro degli Esteri Ibrahim al-Assaf, che riprende il tema dell'attacco alle raffinerie di Abqaiq e invoca “la massima pressione con tutti gli strumenti disponibili” da applicare nei confronti dell'Iran, ritenuto responsabile. Non lo nomina Assaf ma lo lascia intendere: “Sappiamo molto bene chi ha c'è dietro a questa aggressione“, ha detto mentre la tensione fra le potenze in ballo (Stati Uniti compresi) sembra giunta a una fase di stallo, quando invece in altre zone del Medio Oriente (Yemen su tutte) la situazione è in peggioramento. Prima mossa richiesta da Riyad “per porre fine alla condotta aggressiva dell'Iran”, è tagliare le sue risorse finanziarie.
Difesa e apertura
Ma le contromosse di Riyad all'estensione dell'influenza iraniana nell'area del Golfo non si limita agli appelli. Gli Stati Uniti, infatti, hanno annunciato l'invio di una batteria di missili Patriot, oltre che di un contingente di 200 militari da dispiegare in Arabia Saudita. Una mossa che ha l'obiettivo di prevenire ulteriori e più seri attacchi agli impianti petroliferi sauditi, aumentando “la capacità di difesa aerea e missilistica” del Regno, sia per quanto riguarda gli obiettivi militari che quelli civili, con possibilità di ulteriori rafforzamenti di uomini e mezzi qualora le circostanze lo richiedono. Una strategia difensiva che fa da contraltare alla nuova apertura di Riyad ai visitatori internazionali, annunciata dal principe ereditario Mohammed bin-Salman a un anno esatto dal caso Kashoggi, che ha non poco lesionato l'immagine dell'Arabia Saudita a livello internazionale. La nuova apertura al turismo, in questo senso, rappresenterebbe una strategia per mostrare un'immagine rinnovata del Regno, meno rigido sulle norme da osservare in caso di visita turistica.