La presenza di 1,5 milioni di profughi siriani ha ormai portato il Libano “al punto di rottura”. Lo ha detto premier libanese, Saad Hariri, chiedendo un consistente impegno della comunità internazionale ad aiutare il Paese in occasione della prossima conferenza sugli aiuti umanitari alla Siria, in programma a Bruxelles il 5 aprile.
“La questione dei rifugiati deve essere quella centrale nei lavori della conferenza“, ha spiegato Hariri, ricevendo al palazzo del Gran Serraglio, sede del governo, un gruppo di giornalisti occidentali. “Finora – ha aggiunto – abbiamo fatto molto di più degli Europei, accogliendo 1,5 milioni di profughi su una popolazione libanese di 4 milioni e senza mai lamentarci. Ma è arrivato il momento che la comunità internazionale deve fare qualcosa, perché per noi i costi dal punto di vista economico, sociale e della sicurezza sono ormai insostenibili”.
Il Libano, ha insistito, “è ormai un grande campo di rifugiati. Non li obbligheremo a rientrare in Siria, né faremo come altri Paesi aprendo le porte e lasciando che fuggano verso l’Europa, ma il mondo ci deve aiutare. Tutti ci dicono quanto resistente è il Libano nel far fronte a questa crisi, quanto siamo accoglienti. Ma questo non basta più. Finora siamo stati fortunati, ma non possiamo continuare a sperare nella fortuna. Ci sono enormi tensioni tra i profughi siriani e le comunità libanesi di accoglienza. Ci sono sindaci che mi chiedono di ricacciarli in Siria. E dal punto di vista della sicurezza, c’è gente che cerca di radicalizzarli approfittando della loro disperazione”.
Il Libano, ha proseguito, è bloccato in questa situazione da sei anni. “Finora la comunità internazionale ha fallito negli sforzi per riportare la pace in Siria. Io non sono il primo ministro del mondo, ma del Libano. Quindi non spetta a me trovare una soluzione al conflitto, ma fino a quando durerà devo pensare al mio Paese“.
La conferenza di Bruxelles, che farà seguito ad una analoga svoltasi lo scorso anno a Londra, sarà co-presieduta da Ue, Germania, Kuwait, Norvegia, Qatar, Gran Bretagna e Nazioni Unite e vedrà la partecipazione di 70 delegazioni ministeriali, oltre a organizzazioni umanitarie e di sviluppo.