Si riaccendono le polemiche sul leader del partito laburista, Jeremy Corbyn. Controversie che tornano prepotentemente e in piena campagna elettorale, in vista del voto del prossimo 8 giugno. L’argomento è lo stesso che, già negli anni passati, lo aveva visto diretto protagonista: nello specifico, i suoi contatti con l’esercito repubblicano dell’Irlanda (Ira), risalenti a non meno di 30 anni fa, quando Corbyn intraprese un impegno pacifista per il dialogo con l’Ulster. A riattizzare i fuochi sopiti, le sue dichiarazioni rilasciate nella giornata di ieri e riguardanti gli attacchi perpetrati dal gruppo paramilitare dell’Ira durante i Troubles (il conflitto nordirlandese combattuto fra gli anni ’60 e gli anni ’90), senza specificare, a detta della stampa e, soprattutto, dei filo-conservatori, una condanna netta nei suoi confronti, limitandosi ad affermare che ogni attacco messo in atto con ordigni esplosivi sia da biasimare. Secondo quanto riportato, avrebbe rifiutato per cinque volte di esprimere una condanna specifica, nonostante le domande del cronista, suscitando parecchia indignazione nella parte avversa.
Corbyn, dichiarazioni “ambigue”
Stando al “Daily Telegraph”, il leader dei laburisti sarebbe al centro di una forte polemica, accentuata anche dalla leader del Partito unionista, nonché primo ministro nordirlandese, Arlene Foster, secondo il quale il comportamento di Corbyn è inaccettabile. Troppo ambigue sono state definite le sue risposte, le quali non avrebbero permesso di riscontrare una condanna inequivocabile all’operato dell’Ira da parte del Labour, il quale ha comunque sostenuto di aver agito durante gli anni dei Troubles come pacifista e che, in tale ottica, rientrerebbero anche gli incontri da lui tenuti a Westminster durante gli anni ’90 con i rappresentanti del partito (più volte definiti “controversi”).
May, polemiche sulla riforma sociale
Resta comunque gelida la reazione dell’attuale primo ministro dell’Irlanda del Nord che, probabilmente, tornerà sulla questione durante il suo discorso odierno: “E’ difficile prendere seriamente le credenziali democratiche di un uomo che è stato così vicino ai rappresentanti politici dell’Ira durante il conflitto”. Più aperta la posizione verso Theresa May, definita come “ben inserita nel mainstream politico”. Eppure, anche l’attuale inquilino di Downing Street si ritrova ad affrontare non poche polemiche, a causa della riforma sociale inserita nel manifesto elettorale dei conservatori. Nel mirino, in particolare, la questione “anziani”, con scelte criticate anche internamente al partito (alcuni ministri hanno dichiarato di essere rimasti all’oscuro di alcune decisioni), prima fra tutte la “dementia tax”. Allo stato attuale, il progetto riformista è stato definito inattuabile e, di conseguenza, la campagna elettorale di May starebbe nuovamente orientandosi sui binari della Brexit.