Quello del governo catalano è stato “un attacco sleale e pericoloso all’unità della Spagna”. La replica di Mariano Rajoy a Carles Puigdemont arriva a meno di 24 ore dall’intervento del “president” davanti al parlamento della Generalitat. La platea stavolta è il Congresso spagnolo e, quindi, il simbolo di quella stessa unità che le velleità secessioniste dell’esecutivo catalano vorrebbero infrangere.
Le mosse di Madrid
Dopo il parziale dietrofront di Puigdemont, Rajoy è nelle condizioni ideali per dettare le condizioni. La prima delle quali è che, sull’indipendenza di Barcellona, non ci sarà alcun dialogo. Anzi, se la Generalitat insiste con l’autodeterminazione Madrid ricorrerà all’art 155 della Costituzione, sospendendo l’autonomia regionale e sciogliendo il mini-governo, o, peggio, al 116 che instaura lo “stato d’eccezione” nel territorio del regno. Per muoversi, Rajoy attende solo che Puigdemont sciolga le riserve sulla “dichiarazione di secessione”. La risposta del presidente catalano “determinerà le decisioni del governo”. La richiesta di chiarimento, aggiunge, “arriva prima di qualsiasi misura che il governo possa adottare e vuole offrire chiarezza e sicurezza ai cittadini, necessarie per decisioni così importanti”.
Chiarezza
A questo punto “il ritorno alla legalità è nelle mani di Puigdemont. Abbiamo chiesto al governo della Generalitat che confermi se ha dichiarato l’indipendenza della Catalogna, a seguita della deliberata confusione generata ieri. La risposta che darà Puigdemont segnerà il futuro degli eventi. Il ritorno alla legalità è nelle sue mani”. Rajoy ha spiegato che “il momento è grave per la nostra democrazia. Si stanno mettendo in discussione i principi di una società democratica“.
Referendum fallito
Il premier spagnolo ha detto che “il governo autonomo non ha rispettato la legge e le sentenze della Corte. Il referendum catalano è parte di una strategia per imporre l’indipendenza che pochi vogliono e che non è buona per nessuno“. Nelle strade della Catalogna, ha spiegato, “abbiamo visto le drammatiche conseguenze della violazione della legge. Quello che non è legale non è democratico e questo referendum illegale ha fallito“.
Socialisti col premier
Con Rajoy si è subito schierato il segretario socialista Pedro Sanchez, dicendo di essere d’accordo con la sua richiesta a Puigdemont di chiarire se abbia effettivamente dichiarato l’indipendenza. Il Partito socialista, ha sottolineato Sanchez, appoggerà “le misure costituzionali” che il premier prenderà nella crisi catalana se la risposta di Puigdemont all’ultimatum sarà negativa. Sanchez ha inoltre detto di aver raggiunto un accordo con Rajoy per una riforma della Costituzione che ridefinisca tra l’altro lo statuto della Catalogna. Una commissione sarà formata a breve, ha spiegato, e lavorerà per sei mesi per sottoporre poi le conclusioni al Parlamento.
Reazioni
Anche i leader dell’Unione europea si sono schierati con Rajoy. Il premier italiano Paolo Gentiloni ha espresso la “necessità di rispettare il quadro costituzionale e le leggi”. E ha auspicato che “l’appello al dialogo per evitare escalation ingiustificate e pericolose” si sviluppi “nella cornice della Costituzione spagnola e del rispetto dello stato di diritto spagnolo”. Con Madrid si sono poi schierati Parigi e Berlino. La portavoce di Angela Merkel ha detto che “una dichiarazione di indipendenza della Catalogna sarebbe illegale e non sarebbe riconosciuta”. Le ha fatto eco una nota diffusa dal ministro degli Esteri francese, in cui si legge che “ogni dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle autorità catalane sarebbe illegale e non potrebbe in alcun caso essere riconosciuta”.