Si stringe il cerchio attorno ad Abu Bakr al Baghdadi. Secondo la cellula irachena per le operazioni di guerra, il “Califfo“, rientrando dalla Siria, si sarebbe trovato in un vertice dello Stato islamico ad Al Qaim, vicino alla frontiera, preso di mira sabato da un attacco dell’aviazione di Baghdad. Ma sulla sua sorte non ci sono notizie.
Nei giorni scorsi l’agenzia iraniana Fars aveva citato il generale dei servizi di sicurezza iracheni Abdolkarim Khalaf, secondo il quale Baghdadi era fuggito in Siria, tagliando i contatti con i “comandanti inesperti” che sono ancora a Mosul. Secondo notizie odierne, Baghdadi avrebbe lasciato Raqqa, in Siria, il 9 febbraio e una unità dell’intelligence irachena lo avrebbe seguito fino a quando ha passato il confine, ad Al Qaim. Qui il capo dell’Isis e 13 fra i suoi più stretti collaboratori si sarebbero fermati in una casa, che sabato sarebbe stata presa di mira da F-16 dell’aviazione irachena. Si fanno i nomi di 13 alti comandanti del sedicente Stato islamico che sarebbero stati uccisi, ma si afferma che di Baghdadi non si sa nulla.
Al Baghdadi è il ricercato numero uno nel panorama del terrorismo internazionale. La caccia all’uomo ricorda quella che gli Stati Uniti scatenarono nei confronti di Osama Bin Laden dopo gli attacchi dell’11 settembre. Lo scorso anno si diffuse la voce che il “Califfo”, a seguito delle cocenti sconfitte militari subite dal Daesh in Siria, avesse spostato il suo quartier generale a Sirte, in Libia. Ma nessuno, al momento, conosce con esattezza i suoi spostamenti. La sua uccisione, o cattura, rappresenterebbe un grande successo nell’ambito della lotta all’Isis, e sarebbe un deciso passo avanti nella sconfitta della più importante e potente sigla jihadista attualmente in circolazione.